INTERVISTA: La Libreria MODERNA a Rieti
Guardando l’austera facciata del Municipio di Rieti, in piazza Vittorio Emanuele II, prendiamo a destra via Garibaldi e la percorriamo fino a raggiungere la storica Libreria Moderna dove, fra scaffalature d’epoca, soffitti a volta e spazi accoglienti, incontriamo il libraio titolare Andrea Petrini. A quando risale la fondazione della Libreria Moderna?
La Libreria Moderna ha aperto i battenti nel 1924, perciò oggi siamo prossimi al centenario. Ovviamente noi in quegli anni non c’eravamo ancora. Alla nascita, la libreria era, come spesso accadeva al tempo, una cartoleria-libreria e noi abbiamo voluto conservare questo profilo, mantenendo anche il nome “Moderna” che era tipico nei primi decenni del XX secolo. Siamo subentrati nel 2004, e quando dico noi mi riferisco anche alla mia socia, Silvia Dionisi. È stata una scommessa: da sempre siamo grandi appassionati di libri ed entrambi laureati in lettere antiche, cultori del libro, lettori curiosi, amici a partire dall’asilo fino all’università, a tutt’oggi. All’epoca, ci siamo trovati in un momento nel quale non eravamo soddisfatti pienamente del lavoro che svolgevamo, anche se era specifico alla nostra formazione. Condividendo i nostri dubbi durante una cena con altri amici, abbiamo rispolverato questo vecchio desiderio, rimasto allo stato di sogno nel cassetto. Dopo qualche tempo, Silvia mi chiamò informandomi della messa in vendita di questa libreria e mi propose di prenderla insieme. Iniziammo da un’inesperienza totale, soprattutto dal punto di vista commerciale. Abbiamo commesso tanti errori, abbiamo aggiustato spesso il tiro e, per quanto riguarda l’offerta dei titoli, cercato di differenziarci il più possibile da quelle che erano le librerie di catena e l’offerta on-line che prendeva avvio proprio negli anni in cui avevamo iniziato questa avventura. Ci confrontavamo con una scontistica impossibile da combattere. Abbiamo cominciato a realizzare tantissimi di eventi, presentazioni di libri, corsi all’interno della libreria, gruppi di lettura, e così abbiamo alzato il numero di frequentatori della libreria. Due cose ci hanno salvato: la fortuna, che ci vuole sempre, e mia sorella, che è commercialista. Il resto è venuto da sé, certo la guardia dev’essere sempre alta secondo me, è un campo talmente fragile, almeno in Italia, che non ci si può distrarre. Sono possibili dei momenti di pausa da un’attività più frenetica, però l’attenzione e la professionalità ci devono sempre essere, almeno nella libreria indipendente, per quello che può essere la mia esperienza.
Nel 2014 abbiamo cambiato sede, trasferendoci in uno spazio più grande, che è quello in cui ci troviamo ora. Si rese necessario questo cambiamento per la mole di attività che organizzavamo. Contestualmente abbiamo fatto uno sforzo ulteriore, aprendo una libreria “gemella” a Roma, gestita direttamente da Silvia che vive nella capitale. Il nome della sede romana è L’Altracittà e si trova in via Pavia n. 106. È una libreria indipendente come questa, un po’ più piccola ma impegnata nell’organizzazione di una marea di attività, nel confronto con l’esigenza dei lettori romani, notoriamente più pigri, che è quella di essere continuamente stimolati. Con gli anni siamo riusciti a costruire un buon pubblico affezionato, che è il fondamento di qualsiasi libreria indipendente.
Per la libreria indipendente è necessario creare un ambiente sociale consolidato.
Infatti, il risultato è ciò che era la libreria originale: un punto d’incontro, in cui si incrociano esperienze diverse, in cui si approfondisce chiacchierando, si incontra il libro, la persona, l’argomento, il pensiero che non avresti potuto incontrare altrimenti. È il ruolo principale, quello di creare opportunità di scambio, di incrocio. La libreria è un luogo lento e si differenzia dai tantissimi posti che oggi siamo costretti in qualche modo a frequentare. Perciò le persone quando entrano in libreria assumono un atteggiamento di apertura, questo è molto soddisfacente ed è parte fondamentale del nostro lavoro. La libreria è un antidoto ad uno dei mali del nostro tempo: la solitudine. Presenteremo un piccolo saggio di un’autrice che è anche nostra cliente, dedicato alla noia, alla pars costruens della noia, al diritto di annoiarsi. Qualche giorno fa, mentre discutevamo le operazioni organizzative, mi disse che aveva l’idea di scrivere qualcosa sull’azione sociale della lettura, nelle sue varie fasi e nel suo ruolo sociale. Pertanto la libreria indipendente è il luogo della socialità culturale, della curiosità intellettuale, si contrappone alla libreria supermercato, in cui il libro è ridotto alla dimensione esclusiva di prodotto e le attività hanno quel sapore serializzato, d’automatismo preconfezionato, che fa sospettare che anche le persone siano ridotte alla dimensione esclusiva di clienti. Del resto, sono le solite storie all’italiana: è allucinante che si possa permettere a un gruppo editoriale di avere anche lo stesso gruppo di distribuzione e anche le proprie catene di librerie. Tra l’altro, sono anche quelle che creano i veri problemi da un punto di vista economico, della parità sulla competizione commerciale. Basta solamente pensare alla tempistica dei lanci promozionali delle novità: troppo spesso la libreria di catena ha uno o due giorni prima il libro in uscita. Questo ritardo si traduce in un problema nel caso del lettore di passaggio che, non trovando nella libreria il libro già presente nelle librerie di catena, si fa un’opinione sbagliata sulla professionalità del libraio. Nel caso di uscite da numero, come ad esempio il recente libro del Principe Harry, avere il libro due o tre giorni dopo l’uscita per noi significa perdere circa venticinque vendite. È anche una cosa poco seria, a mio avviso. Nei primi anni era un grosso problema, le nostre rimostranze si sono rivelate miseramente vane, per cui abbiamo capito che era necessario valorizzare il nostro lavoro su altre questioni e lasciare che la tempistica dei bestseller favorisse maggiormente alcuni altri soggetti.
L’amore per i libri precedeva la professione di libraio. Ma quale era l’occupazione precedente?
Una volta laureato, da storico sono finito con naturalezza a lavorare nell’Archivio di Stato. Una situazione pressoché statica, senza evoluzione. Tentando il cambiamento mi sono rivolto all’insegnamento. Finché si trattava di insegnare agli studenti, tutto andava bene. L’ambiente invece proprio non mi piaceva e, pensando in prospettiva, non potevo immaginarmi in quel contesto. Ogni tanto, devo confessare la tentazione di uno stipendio fisso. Ma dura un istante, e subito sopravviene il piacere incomparabile della realtà odierna che permette di affrontare i sacrifici che comporta ricambiando con soddisfazione.
Cosa significa “libro” per l’Andrea Petrini lettore.
Per me “libro” significa entrare in un’altra dimensione, in un’altra vita, in un’altra epoca, in un altro corpo. Insomma, vivere la vita di un altro. In qualche modo si tratta di un viaggio. Leggo molto, da sempre e con il passare degli anni ho imparato la tecnica della lettura veloce, selezionando le letture a seconda dei momenti. Mi rendo conto che ci sono dei periodi in cui ho bisogno di argomentazioni più articolate mentre in altri di testi più lineari. Ma quando ho più tempo a disposizione posso tranquillamente divorare un paio di libri a settimana. Il primo che mi ha profondamente appassionato è stato La storia di Elsa Morante, che ritengo tutt’ora un libro di grande valore. Da quel momento non mi sono più fermato, se non per motivi di studio universitario nel quale le letture obbligatorie erano molte.
Le tue preferenze odierne?
Per me, una delle più grandi scrittrici contemporanee è Tiffany McDaniel, ma amo anche Percival Everett e Elisabeth Strout. Considero Ian McEwan bravissimo, come lo è stato Philip Roth. Tra gli italiani, due che posso indicare senza incertezze sono Laura Mariani e Andrea Bajani. Un’ulteriore mia preferenza è sicuramente per Maria Attanasio. Nella letteratura non contemporanea non posso non citare Lev Tolstoj. Se una persona vuol leggere un vero romanzo deve accostarsi all’opera di Tolstoj. Anche se, dovessi consigliare un romanzo, il principale titolo a cui penso è Cime tempestose di Emily Brontë. Un romanzo cui non è possibile applicare alcuna etichetta. È un romanzo gotico, d’amore, pienamente vittoriano e moderno allo stesso tempo. Non presenta il classico lieto fine, ed è ancora più stupefacente se si pensa a chi l’ha scritto. A quei tempi è stato bistrattato, in misura della sua originalità talmente straordinaria da risultare inclassificabile. È un vero peccato che Emily Brontë abbia lasciato praticamente solo questo romanzo, personalmente la ritengo una scrittrice di genio. Sarebbe consigliabile far precedere la lettura delle lettere che si scrissero le sorelle Brontë alla lettura dei romanzi, per comprendere in questo modo l’arte trasformativa dell’autentico scrittore e valutare appieno la straordinarietà del caso. Un esempio magnifico dello scrivere vera letteratura.
Per quanto riguarda la confezione dell’oggetto libro, quali sono gli aspetti che a tuo parere sono importanti?
L’atteggiamento del bibliofilo non mi appartiene ma certamente la scelta della carta, della qualità del supporto al testo stampato è importante. Il rapporto tattile con la pagina apporta un piacere non trascurabile alla lettura, ovviamente unita alle scelte editoriali di formato, d’impaginazione, della dimensione degli spazi e del font adottato. Un libro stampato male si legge male. L’aspetto fondamentale, per quel che concerne la letteratura straniera, è la qualità della traduzione. Da libraio, spesso non prendo in considerazione alcune case editrici che trascurano la qualità della traduzione. Una traduzione di scarsa qualità tradisce a fondo il testo, proponendo una lettura distorta al punto da diventare un’altra cosa.
Possiamo accennare al lettore reatino?
Le persone che frequentano questa libreria sono lettori molto informati, in genere lettori medio-forti, dalle scelte sofisticate. È un piacere dialogare con questo tipo di clientela; c’è uno scambio di consigli, approfondimenti, competenze, pareri. Nel tempo si sono costruiti rapporti di fiducia, quando si tratta di dover consigliare un libro noi cerchiamo di individuare il più precisamente possibile l’interesse del lettore e credo che negli anni questa peculiarità ci sia stata riconosciuta. L’esperienza più interessante è nel rapporto che si crea con un lettore forte, dalla formazione non specifica o specialistica, che spesso presenta punti di vista inediti e sorprendenti, meno teoricamente costruiti e fondati principalmente sulla spontaneità del sentimento.
La libreria Moderna si rapporta con i gruppi di lettura?
Ospitiamo un gruppo di lettura storico la cui fondazione risale a più di quindici anni fa. È formato principalmente da lettrici che sono poi diventate amiche e si frequentano anche al di fuori dell’ambito letterario. Col tempo, abbiamo affinato il regolamento, per renderlo aderente alle esigenze del gruppo e far sì che l’esperienza fosse costruttiva per tutti. La pandemia ha sconvolto le nostre attività; prima del COVID ospitavamo un gruppo di lettura formato da adolescenti delle scuole medie, molto vivace e discontinuo che richiedeva un certo impegno. Poi è stata la volta di un gruppo di “lettura condivisa”. Vi partecipavano principalmente studenti universitari, promotori dell’iniziativa. Aveva scadenzata bisettimanale e prevedeva la lettura pubblica dei grandi classici; ad esempio Morte a Venezia di Mann, o Frankenstein di Mary Shelley e tanti altri. L’attività si svolgeva in questo modo: cinquanta minuti di lettura e i seguenti venti di discussione sul testo appena letto. Gli interventi erano molto appaganti, si esprimevano riflessioni sullo stile, sui contenuti, sul contesto storico e tanto altro. Cercheremo di riproporre questo tipo di attività, anche come incentivo alla lettura. Spesso ciascuno di noi pensa di non avere il tempo necessario da dedicare alla lettura, ma in vista dell’appuntamento collettivo in libreria si è costretti ad organizzarci e scopriamo di trovare il tempo necessario.
La libreria ha una storia ventennale, quali progetti per il futuro?
Custodisco da tempo un desiderio, che somiglia più ad un sogno. Vorrei poter assumere una persona giovane, appassionata del mestiere dei libri, per poter trasmettere la mia esperienza. Questa volontà, che mi sembra ragionevolmente nell’ordine naturale delle cose, al giorno d’oggi è letteralmente impraticabile in Italia e ciò mi rattrista perché viene spezzata la continuità professionale e si disperde un’esperienza che, per quanto mi riguarda, è il patrimonio accumulato durante questi ultimi vent’anni. Probabilmente, al momento dell’avvicendamento o della chiusura, raggiungerà almeno i trenta. In Italia purtroppo l’esperienza non è più considerata un valore, è stata sostituita dagli attestati di partecipazione che però, nella sostanza, sono tutt’altro.
Libreria Moderna
Via Garibaldi, 244
02100 RIETI
Telefono 0746 760258
Andrea Oddone Martin
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