Rassegna Stampa Libraria – 12 settembre 2021

Rassegna Stampa Libraria – 12 settembre 2021

Cosa ci lascerà la pandemia del Covid-19? Cosa avremo imparato da un’esperienza così funesta? Charles Kenny ha una precisa opinione che possiamo leggere in La danza della peste. Storia dell’umanità attraverso le malattie infettive (Bollati Boringhieri, traduzione di Bianca Bertola). Secondo l’autore, le ricorrenti epidemie che hanno normalmente falcidiato la popolazione mondiale sono il frutto delle stesse condizioni poste dalle modalità in cui si sviluppa il progresso umano. Massimiliano Bucchi recensisce il libro su La Lettura del Corriere della Sera. Spesso si è sentito paventare un miglioramento della consapevolezza umana, causata dalla tragica esperienza sanitaria: dopo tutto ciò, saremo di certo migliori.

Beh, margini di miglioramento ce ne sarebbero anche a prescindere dal virus. Il libro che Sheera Frenkel e Cecilia Kang pubblicano in Italia per Einaudi si intitola Facebook: l’inchiesta finale (traduzione Alessandra Maestrini e Maria Grazia Perugini) ed è il frutto di una gigantesca inchiesta giornalistica. Per averne un’idea: 400 persone intervistate per un totale di mille ore (!). Viene analizzata la natura del business della società di Mark Zuckerberg, la ricorsività con la quale nel tempo vengono riconosciute e identificate numerose vicende internazionali molto gravi a livello politico, civile e sociale, nell’inerte e interessata inconcludenza dei dirigenti aziendali ma soprattutto della politica a regolamentare e migliorare eticamente un modello di business che presenta delle indubbie e profonde criticità. Un’investigazione unica per ampiezza, completezza e trasversalità; Massimo Gaggi intervista le autrici sulle pagine de La Lettura. Il condizionamento prodotto dalla presenza massiva delle tecnologie digitali algoritmiche è, come Facebook, sotto gli occhi di tutti. Uno degli esiti inaspettati di questa lunga influenza fatta di “cinguettii” Twitter, di WhatsApp, di SMS, di “postate” nevrotiche, è la tendenza a leggere e ad esprimersi in una scrittura stringata, densamente allusiva ma concisa e spezzata. Alla lunga, questo esito ha generato un piccolo fenomeno editoriale, soprattutto anglosassone e americano: la narrativa in versi. Sono varie le pubblicazioni di questo genere che negli ultimi trent’anni hanno riscontrato un deciso successo. Vero e mio e segreto e doloroso è l’ultimo romanzo in versi di Sarah Crossan (Mondadori, traduzione di Elena dal Pra), ne scrive Giulia Ziino su La Lettura. L’adesione incondizionata e pervasiva, ma soprattutto acritica, ai ritmi del digitale provocano un dissolvimento di identità. Prix Goncourt nel 2013, esce oggi per i tipi di Del Vecchio la raccolta di divertenti racconti Lo strano caso dei pantaloni di Dassoukine, di Fouad Laroui (traduzione di Cristina Vezzaro). Non appaiono i media digitali, ma l’effetto è inalterato: «Siamo tutti stranieri, pare ricordarci Laroui. Stranieri anche a noi stessi». Dalla recensione di Simone Innocenti su La Lettura. Qualsiasi riflessione sull’identità non può non cifrare il tema delle origini. E più che una ricomposizione, potrebbe trattarsi di un attardarsi con l’unico scopo di immaginare un plausibile futuro. Il pregio di Origini di Saša Stanisić (Keller, traduzione di Federica Garlaschelli), che rimesta con estro i propri trascorsi di profugo bosniaco in Germania, è proprio quello di una scrittura che, rivolgendosi al passato, rende possibile il futuro. Ottima la recensione di Melania Mazzucco su Robinson de la Repubblica. L’inventiva non fa difetto nemmeno al Libro del Sangue di Matteo Trevisani (Atlantide), insolito romanzo-saggio che articola accadimenti, storie e approfondimenti filosofici di una genealogia famigliare, opponendosi stilisticamente all’introspezione soggettiva di tanta futile narrativa odierna. Recensione di Pablo Maurette su Robinson.

Una corrente narrativa odierna scioccamente autoreferenziale, si diceva, contro la quale si leva veemente la voce di Francesco Permunian. Nel suo ultimo Giorni di collera e di annientamento (Ponte alle Grazie) si scaglia con determinazione e proprietà contro il contesto odierno, ma già ravvisato nel primo Ottocento, che permette l’infestazione editoriale di testi scadenti, propinati da un’idea di cultura che brilla per assenza, e quando sembra apparire è ignorante ed errata. Brillante recensione di Chiara Fenoglio su La Lettura. Ma che fine hanno fatto gli intellettuali che avrebbero dovuto proporci direzioni critiche, stimolare la disciplina di pensiero, indicarci pericolose zone d’ombra? Quale idea è rimasta dell’intellettuale e del suo determinante ruolo sociale, se ne abbiamo ancora una? L’agile volumetto intitolato Gli intellettuali (il Mulino) raccoglie in una serie di capitoli argomentativi le considerazioni sullo “stato di fatto” del più autorevole intellettuale odierno: Sabino Cassese. Recensione di Sebastiano Maffettone sul Domenicale de il Sole 24 ore.

È un editore che rinnova la privata letteratura della parola autobiografica in America non torna più (Harpercollins Italia); Giulio Perrone descrive la perdita del padre nella rievocazione della propria vita e dello snodarsi nel tempo di un rapporto teso e complicato. Recensione di Orazio Labbate su La Lettura.

Se esiste un comparto della cultura frequentato dall’editoria più di ogni altro, questo è sicuramente l’arte pittorica. Innumerevoli titoli si assommano ogni anno da molti anni, ma ancor di più se restringiamo il campo all’epoca dell’impressionismo. Un gigantesco labirinto di pubblicazioni dal quale è difficile districare attendibilità e rigore filologico dal prevalente entusiasmo per l’esteriorità sentimentale e percettiva unita ad amatoriali competenze storiche da pettegolezzo caparbio. Tuttavia, saltuariamente abbiamo la fortuna di veder recuperate opere di comprovato valore, quale la recente ripubblicazione de Gli anni di Van Gogh e Gauguin. Una storia del postimpressionismo scritto dallo storico John Rewald nel 1956 e già pubblicato in lingua italiana qualche decennio fa. L’editore di questa encomiabile intrapresa è Johan & Levi, recensita da Lara Crinò su Robinson. Un altro ramo culturale dove una straordinaria gran parte di persone sente la necessità di esprimersi attraverso la scrittura è la musica. Assieme a libri di indubbio pregio culturale non si contano gli accademismi autorevoli quanto insignificanti, il basso giornalismo, i frequentissimi quanto irrilevanti “didatticismi” propinati sotto l’egida della divulgazione benemerita, burocratiche competenze oblique, intensità misticheggianti, pareri impellenti, contraffazioni scientifiche, filosofie arcaizzanti, convinzioni politiche, teofaniche esperienze personali. Con naturalezza, il livello di ognuna di codeste pubblicazioni, dalle pregiate alle scadenti, tende ad incontrare i propri lettori consimili e spesso li trova. Li troveranno certamente i titoli Jazz cosmopolita ad Accra (il Saggiatore, traduzione di Marco Bertoli) e Il mondo sonoro dei Bosavi (Museo Pasqualino, traduzione di Sergio Bonanzinga) dell’etnomusicologo, professore presso l’Università del New Mexico nonché antropologo, filmaker e perfino musicista Steven Feld. Vincenzo Santarcangelo intervista l’autore sulle pagine de La Lettura.

Andrea Oddone Martin

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