Rassegna Stampa Libraria – 13 giugno 2021
È finita, lo sapevamo da tempo. Le persone più intelligenti, più sensibili, se ne erano più che accorti fin dalla fine del XIX secolo e l’inizio del XX. Prese di posizioni artistiche quale ad esempio la discontinuità manifesta nella dissoluzione della tonalità del linguaggio musicale per opera di Arnold Schönberg, oppure l’opera letteraria di James Joyce e di Carlo Emilio Gadda, per non parlare della stessa evidenza scientifica nei progressi della fisica, definiscono la realtà come molteplice e poli-consequenziale, dinamica ma soprattutto non lineare. In particolare, definiscono l’appartenenza dell’essere umano al grande caos dell’esistente affermando contemporaneamente la certezza della crisi dei modelli gerarchici che, pur originati nell’antichità occidentale, risaltano in maniera decisa nel Rinascimento, per poi proseguire. In essi, l’uomo occupa invariabilmente la posizione di vertice: questo vecchio ordine di idee ha oggettivamente raggiunto il proprio limite. La società umana vi ha indugiato fin troppo a lungo, insistendo ciecamente. Il momento presente non lascia scampo all’urgenza di un avvicendamento, di una sostituzione, di un risveglio. Sulla scorta dell’emergenza di crisi climatica, sociale, economica, esistenziale ed istituzionale, sono ora improrogabili i mutamenti della mentalità condivisa.
Ad esempio, il nuovo modello di riferimento dovrà iniziare dalla consapevolezza che la natura non è a disposizione dell’uomo e delle sue necessità, ma ospita l’uomo e le sue necessità. Ne parla a lungo l’antropologo francese Philippe Descola nell’intervista che Adriano Favole pubblica sulle pagine de La Lettura del Corriere della Sera. Descola, dopo un’intera esistenza dedicata a civiltà non americane/europee, raggiunge una consapevolezza che condensa nelle pagine del volume Oltre natura e cultura (Raffaello Cortina, a cura di Nadia Breda, traduzione di Annalisa d’Orsi). Sotto mentite spoglie, analoghe tensioni si manifestano (e si risolvono, come nella migliore delle tradizioni della commedia) ne Le piccole libertà di Lorenza Gentile (Feltrinelli). Le ordinarie aspettative della protagonista sono obbligate ad evolvere dalle prese di posizione della creativa zia. Un certo numero di espedienti costringe la protagonista a realizzare l’unico pensiero della felicità possibile, che «non ha a che fare con l’ottenere, ma col perdere». Recensione di Alessandro Beretta su La Lettura.
Una trasformazione che permette di riscoprire con rinnovata attenzione il pensiero fondativo del filosofo Emanuele Severino: ci guida e introduce Leonardo Messinese nel suo libro dal titolo Nel castello di Emanuele Severino (Inschibboleth). Recensione di Giancristiano Desiderio su La Lettura. Al nichilismo, Emanuele Severino dedicò un celebre testo, definendone il fondamento. Il nichilismo segna con profondità il pensiero novecentesco, e si confronta con la dimensione della quaestio fatale che pone il termine libertà. Costantino Esposito ripercorre ed attualizza le espressioni del pensiero nichilista nel volume Il nichilismo del nostro tempo. Una cronaca (Carocci); ne dà conto la recensione di Mario de Caro sul Domenicale de il Sole 24 ore. A saperle leggere con occhio aperto e profondo, molte evidenze del disagio sono presenti da anni, magari travestite confortevolmente da “consueti malesseri giovanili”. L’insofferenza verso le forme gerarchiche di una società che, nonostante la mitologia che proponeva rivelatasi poi falsa, mitologia che comunque palesava in trasparenza traguardi di instabilità, di costrizione sterile, di ingordigia economica, veniva a dichiararsi già nelle regole stabilite per l’organizzazione dei rave negli anni ’90. Roberto Grossi nel suo Cassadritta (Coconino Press, fumetti) ne ricorda alcune: «non riciclare i posti, non divinizzare le droghe, non divinizzare i dj, non c’è palco, non ci sono spettatori». Recensione di Valerio Bindi su Robinson de la Repubblica.
E gli usi della tecnologia, hanno e hanno avuto un ruolo in tutto ciò? Jonathan Lethem ha immaginato un mondo senza tecnologia o meglio, dove la tecnologia un bel momento si è paralizzata, completamente. Il libro in cui si svolge questa vicenda d’invenzione letteraria s’intitola L’arresto (La nave di Teseo, traduzione di Andrea Silvestri) e viene presentato da Enrico Rotelli su La Lettura. Ma siamo ben lontani dalla situazione paventata da Lethem: la tecnologia digitale si fa indomita nella nostra quotidianità e si frappone inesorabilmente tra i nostri occhi e la realtà. Realtà di cui abbiamo perso la dimensione non addomesticata, estranea, dell’alterità e che gli effetti dell’uso massivo degli apparati tecnologico/digitali riducono al banale del “fruibile”. Il filosofo e sinologo François Jullien pubblica il saggio dal titolo L’inaudito. All’inizio della vita vera (Feltrinelli, traduzione di Massimiliano Guareschi) per condividere il bisogno di riscoprirsi in una verità non camuffata e svilita da quantità esorbitanti di chiacchiere e apparenze. Recensione di Franco Malcoaldi su Robinson. Jullien si contrappone così anche alla marea montante di “postverità” che nutre dinamiche paranoiche e sfocia ineluttabilmente nel complottismo. La Q di Qomplotto. QAnon e dintorni. Come le fantasie di complotto difendono il sistema di Wu Ming 1 (Edizioni Alegre) ci porta alla stringente necessità della fantasia complottistica che cerca di compensare l’altrettanto stringente de-moralizzazione del disagio diffuso. Recensione di Giancarlo de Cataldo su Robinson. Le conseguenze della paranoia e del complottismo sono letali, generano universi immaginari manipolati e unidirezionali, che alimentano derive violente e avide frustrazioni: verdi pascoli per gli scrittori di Thriller.
Vi piacciono i Noir Thriller? Potrete rinvenire la ferocia, la crudeltà fredda e immorale del narcisista perfetto che non si ferma davanti a nulla (ma proprio nulla), dominato dalla fame di soldi e potere, nel celebre Un bacio prima di morire di Ira Levin, appena ripubblicato dalle Edizioni SUR, traduzione di Daniela de Lorenzo. Si chiama paura, la sovrana di tutte le ossessioni, compresa quella digitale. Ma, in un empito di buon senso, cosa dovremmo temere veramente, al giorno d’oggi? Adriano Prosperi, nel suo Tremare è umano. Una breve storia della paura (Solferino) ci incoraggia a porre seriamente questa domanda individuando a sua volta numerose questioni d’attualità, degne della nostra massima attenzione. Recensione di Massimo Firpo sul Domenicale de il Sole 24 ore.
Andrea Oddone Martin
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