Rassegna Stampa Libraria – 16 maggio 2021

Rassegna Stampa Libraria – 16 maggio 2021

Con la definizione di libro unico, Roberto Bazlen si riferiva a quella letteratura, a quegli scritti nei quali si riconosceva l’accadimento di qualcosa di eccezionale che in-formava completamente l’autore e si riversava nel testo. Quell’accadimento si manifestava perciò nonostante l’autore, più propriamente attraverso di esso. Potremo pensare all’intero lascito letterario di Flannery O’Connor come un unico libro nel quale, complice la nettezza di stile e l’uniformità della proposta narrativa, il segno dell’accadimento emerge folgorante. Minimum Fax dà alle stampe la prima raccolta di racconti della scrittrice americana Un brav’uomo è difficile da trovare, nella traduzione di Gaja Cenciarelli. Attraverso la descrizione di una realtà grottesca nella sua normalità, il lettore viene provocato nel pensiero e spronato ad una partecipazione diretta. Ce lo fa bene intendere Antonio Spadaro nella recensione su Robinson de la Repubblica. Mentre leggiamo, avvertiamo nella nostra coscienza l’autenticità della deformazione straniante, la pertinenza delle situazioni narrative della O’Connor. Certo, le sue opere sono consone ai lettori un po’ smaliziati, usi a pratiche letterarie che fanno del grottesco uno stile e non solamente un effetto.

Alcuni autori si propongono ai loro lettori in modo meno diretto, meno scontroso, e organizzano un apparato che ha il compito di introdurre il lettore con un certo garbo in una atmosfera di affidabilità, in modo che si possa sentire più a suo agio; meno, per così dire, spaesato. È il caso della scrittrice argentina Maria Angélica Bosco (1902 – 2006) di cui esce per la casa editrice Rina il suo primo romanzo dal titolo La morte arriva in ascensore, nella traduzione di Francesca Bianchi. Lo recensisce Giancarlo de Cataldo su Robinson. La narrativa della Bosco si “appoggia” a un genere, quello del giallo, che le permette di inoltrarsi senza intimorire nelle pieghe degli inconsci individuali, dove risiedono le motivazioni ultime, le determinazioni degli atti, anche delittuosi. Ci sovviene l’operazione, che potremmo definire analoga nell’intenzione, ma dagli elevati esiti letterari de Quer pasticciaccio brutto de via Merulana di Carlo Emilio Gadda. L’inafferrabilità della situazione narrata, aggravata dal trauma del crimine nel caso del giallo, stimola l’attenzione curiosa del lettore e lo spinge a proseguire nella ricerca del punto in cui l’ordine e l’onniscienza (l’illusione di essa) vengono finalmente ristabiliti. Il mistero, la sparizione incomprensibile è al centro della prima fatica della scrittrice inglese Emma Stonex: I guardiani del faro, ambientato nella solitudine di un faro immerso nel mare della Cornovaglia (Mondadori, traduzione di Marco Rossari). La Stonex riprende la connotazione del giallo per permettersi così la ricostruzione a posteriori delle storie dei tre uomini, diversissimi tra loro, e delle loro famiglie. Recensione di Antonella Lattanzi su La Lettura de il Corriere della Sera.

Questa narrativa ci induce agevolmente all’immaginazione attiva, nel momento in cui avviamo quel processo di immedesimazione profonda che ci consente la lettura. La consuetudine con i libri diventa così vitale e insostituibile. Anche in senso oggettivo, come ci racconta Giovanni Spadaccini nel suo Compro libri anche in grandi quantità. Taccuino di un libraio d’occasione (UTET). Il libro in sé e non per il suo contenuto diventa l’occasione intensa di incontri, di tangenze, di osservazioni, nei racconti dell’autore che frequenta passati e presenti, persone e personalità, tragedie e vittorie, glorie e meschinità. Recensione di Demetrio Paolin su La Lettura. Inoltre, l’oggettualità libresca può incaricarsi degli usi e per gli scopi più svariati, come ci ricorda in maniera brillante Saverio Raimondo su Robinson, nel suo articolo Tutte le volte che un libro ti salva la vita. Ma non è solo leggendo che possiamo incontrare (e, si spera, conoscere) noi stessi, è la pratica dello scrivere che ci porta ad un confronto più serrato, ad un’indagine più o meno onesta, più o meno profonda, ma sempre personale. E tanto più se, per scrivere, ci affidiamo agli strumenti tradizionali: tempo, memoria, mano, penna, carta. Il calligrafo Luca Barcellona, nel suo Anima e Inchiostro (UTET), ci spiega tra le altre cose perché l’esercizio calligrafico non scomparirà assieme alla scrittura d’uso. Recensione di Marco Belpoliti su Robinson.

La pratica della lettura si è da sempre scontrata con il limite dell’analfabetismo. Da sempre, e la nostra attualità ipertecnologica non fa eccezione nella versione digitale e funzionale dell’analfabetismo. Si parla di analfabetismo digitale nel frequente caso dell’incapacità di un uso, di un rapporto consapevole e critico con la tecnologia digitale e di Internet; e di analfabetismo funzionale, da tempo tormento della docenza fin dalle scuole superiori all’università, quando in pratica le persone pur potendo leggere non comprendono il senso, o fanno molta fatica a dare un significato congruo a ciò che stanno leggendo, con gravi limiti nella pratica della scrittura. Un’indagine di qualità scientifica ma accostata ad un’intenzione divulgativa è Le vie dei libri. Letture, lingua e pubblico nell’Italia moderna di Marina Ruggero (il Mulino). Massimo Firpo la presenta doviziosamente sul Domenicale de il Sole 24 ore.

 

Andrea Oddone Martin

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