Rassegna Stampa Libraria – 21 marzo 2021
Una delle modalità culturali della letteratura, veicolata dal meraviglioso medium del libro, è quella di porre situazioni inventate come se fossero reali. Producendo una realtà fittizia ma focalizzata sulle intenzioni dell’autore, inafferrabili al lettore, darà, in caso di vera letteratura, la concreta possibilità di plurimi orizzonti di riflessione.
Esce, nella traduzione di Gina Maneri per i tipi dell’editore La nuova Frontiera un ulteriore titolo di Juan José Saer: L’occasione. Dalle recensioni di Romana Petri su La Lettura del Corriere della Sera e di Luciano Funetta sul Robinson de la Repubblica cogliamo una dimensione letteraria esemplare nel condurre la propria modalità culturale. A partire dalla chiarezza con cui l’autore argentino distingue l’entità di “pubblico” da quella dei “lettori” da un’intervista citata. Egli ritiene il “pubblico”, e soprattutto il “grande pubblico” detentore di istanze critiche, una truffa, un ricatto manipolatorio indotto da interessi tutt’altro che letterari. Una lucidità che ci fa riflettere, nei nostri tempi di diffuso “consenso indifferenziato” e gran quantità di followers. Una posizione controproducente per uno scrittore apparente, ma non certamente per un autore che impone la stessa imparzialità intelligente alla propria dimensione creativa. Spesso, la cultura incoraggia l’indipendenza della nostra capacità di comprensione e di orientamento nell’attualità. Richiama tematiche che, pur essendoci prossime, non avrebbero la possibilità di essere individuate. Come, ad esempio, il romanzo d’esordio dello svedese Mattias Berg, L’uomo con la valigia (Marsilio, nella traduzione di Valeria Raimondi; recensione di Stefania Parmeggiani su Robinson). Un titolo che rievoca il genere giallo, ma tratta in realtà di una vicenda che ci pone di fronte all’irrefrenabile auto-distruttività del genere umano. Mescolando cronaca e finzione, Berg costruisce una riflessione imperniata nel luogo letterario del personaggio principale, Erasmus Levine, professore universitario ma anche agente della difesa, custode della valigetta che contiene i codici per la distruzione nucleare. Parte del romanzo è ambientato nella cittadina belga di Brogel, in cui è nato Peter Bruegel il vecchio, autore del dipinto dal titolo che ricalca quello del romanzo nell’edizione svedese: il trionfo della morte. Ci sovviene l’importanza che lo stesso dipinto ebbe nell’opera di Elias Canetti.
La letteratura, dunque, come pharmakos, come sostituto che guarisce, che avverte, che segnala. Di stretta attualità, il titolo La mano invisibile di Clive Hamilton e Mareike Ohlberg. Tratta, con competenza ed esaustività, delle modalità della politica ideologica ed espansionistica del PC cinese in tutto il mondo (Fazi, traduzione di Alessandro de Lachenal; recensione di Maurizio Scarpari su La Lettura). Un condizionamento finalizzato che approfitta dei limiti della nostra cognizione, messi in luce per un altro territorio di indagine da Antonio Rizzo, il maggior esperto italiano di interazione con sistemi artificiali, che ha scritto Ergonomia cognitiva. Dalle origini al design thinking (il Mulino). Ne troviamo l’interessante recensione di Paolo Legrenzi sul Domenicale de il Sole 24 ore. La letteratura che, in simbiosi organica con altre componenti culturali, come l’iconografia, la potenza linguistica delle immagini, trasforma l’individuo, lo fa progredire intimamente, lo conduce alle soglie di domande capitali. Le opere di Italo Calvino denunciano questa consapevolezza. Nadia Terranova, nella prefazione al volume intitolato Dalla favola al romanzo. La letteratura raccontata da Italo Calvino (Mondadori; ne troviamo un estratto su Robinson), sottolinea la lucida consapevolezza di un autore che con le sue opere ha segnato in maniera importante la seconda parte del Novecento letterario. L’influenza delle immagini d’arte nel creare impressioni durature nella collettività si rileva dall’opera del pittore cinquecentesco Giovanni Bellini a cui lo storico dell’arte Peter Humfrey dedica un’importante monografia illustrata: Giovanni Bellini. L’eccellenza del colore (Marsilio). Dario Pappalardo intervista il prof. Humfrey su Robinson, dove si anticipano alcuni aspetti inediti della pittura e della vita di Bellini. Le immagini sono portatrici di senso, le immagini pittoriche ancora di più e stimolano la nostra percezione e la nostra coscienza. Ma non solo la nostra, dalla recensione su La Lettura di Edoardo Boncinelli del volume intitolato Pensieri della mosca con la testa storta, scritto dell’etologo Giorgio Vallortigara (Adelphi) apprendiamo che un’ape, assieme al riconoscimento di vari volti umani, può distinguere le opere di Monet da quelle di Picasso, anche se le vede per la prima volta.
Ma per capire e conoscere sempre di più anche se siamo profani, ci sono gli ambiti della cultura divulgativa. Nel solco della tradizione, rivolte a celebri figure storiche (sterminata la letteratura più o meno attendibile su Napoleone Bonaparte), sono anche queste due che ritroviamo entrambe recensite su La Lettura. La prima, a firma di Amedeo Feniello, è dedicata all’ultima monografia su Carlo Magno: Carlo Magno, il ritratto del Re e dell’Imperatore di Janet L. Nelson (Mondadori, traduzione di Massimo Parizzi e Chiara Rizzo). La seconda, di Michela Valente, è un’intervista allo studioso delle corti e delle dinastie reali Philip Mansel. Autore del volume Il Re del Mondo. La vita di Luigi XIV (Mondadori, la traduzione è di Tullio Cannillo e Laura Serra), Mansel si intrattiene sulle qualità anche inedite del celebre sovrano, soprattutto quelle che continuarono ad influenzare la realtà francese fino ai nostri giorni.
Ma la divulgazione può avversare l’ignoranza? Certo che sì, ma solo quando è consapevole dei propri limiti e apre alla curiosità intelligente che trova vie da percorrere. Certo che no, quando non lo è e invece di favorire la formazione di domande e necessità di approfondimenti veramente colti, propone conclusioni pretestuose, crea circuiti autoreferenziali e autosufficienti ponendosi a fondamento di pregiudizi erronei che condannano, nel migliore dei casi, alla superficialità. Il libro di Carlo Boccadoro, intitolato Bach Prince. Vite parallele (Einaudi) propone, nella recensione di Ivano Fossati su Robinson, un confronto tra le vicende biografiche di Johann Sebastian Bach e Prince Roger Nelson (al secolo, Prince). L’operazione editoriale in sé cerca principalmente un pubblico, e non sussiste per sé stessa nonostante l’evocazione dell’antichità di Plutarco. Legittimo: sono esistite, ne esistono e continueranno ad esistere libri di questa natura. Ma la critica ironicamente tranquillizzante di Fossati ai “puristi e bacchettoni che preferiscono immaginare i loro compositori settecenteschi preferiti intenti a spidocchiare le proprie parrucche o beatamente dormienti nei loro sarcofaghi aspersi di naftalina”, associata all’apprezzamento della capacità dell’autore di “intrecciare l’alto con il basso, sebbene in questo caso il basso sia solo collaterale o quasi non esista”, oppure “l’arte della fuga. Dallo scontato, dal risaputo, dal polveroso e dall’ovvio”, unite sull’assunto “precauzionale” posto in apertura: “le vie della percezione, soprattutto musicale, sono davvero insondabili”, ci catapultano in una scadente dimensione sessantottina, fatta di entusiasmo, bonacciona fede rivoluzionaria, scarsa passione filologica e superficiale, o non aggiornata, informazione scientifica. Buona divulgazione?
Se a questo punto, presi da un raptus di rifiuto dalla complessità ridondante, in preda a un impulso irrefrenabile decidiamo di darci alla filibusta, opportune ed approfondite conoscenze ci verranno prontamente fornite dall’esaustivo I Pirati. Un ritratto dei predoni del mare dall’antichità ai nostri giorni del professor Peter Lehr (Mondadori). Il Domenicale de il Sole 24 ore ne riporta la recensione di Valerio Evangelisti. Con competenza, Evangelisti sottolinea le lacune e i pregi del volume, ponendosi in una funzione di sostegno e completamento. La classica recensione da ritagliare e infilare tra la copertina e il risguardo del libro. Buona divulgazione.
Inoltre, da lungo tempo affezionati al Gran Lombardo, ci piace immaginare che Carlo Emilio Gadda si sarebbe felicitato della omonimia tra il cognome del professore che scrive di filibusta, di pirateria e quello della propria madre, Adele. Ma questo non c’entra.
Andrea Oddone Martin
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