Rassegna Stampa Libraria – 25 aprile 2021

Rassegna Stampa Libraria – 25 aprile 2021

Per molto tempo al giorno (molto di più di quanto potremo pensare) ci siamo obbligati ad abitare ambienti digitali e smaterializzati. Ed è certamente vero che trascuriamo idealmente il principale luogo che, da lungo tempo ormai, informava la nostra identità: la nostra casa.

La nostra casa ci dava la certezza della protezione, dell’accoglienza, dell’agio, della conferma, delle relazioni, famigliari o meno, dell’incontro con le persone care, con gli affetti più stretti, il luogo della ritualità conviviale e dell’appartenenza, della malattia, della nascita, della gioia e della sofferenza, delle generazioni e della morte, della memoria e delle memorie. Negli ultimi decenni, la nostra idea dell’abitare è cambiata: siamo mentalmente imperniati in aree che poco hanno a che fare con la geografia reale, tantomeno con gli spazi della domus domestica.

Un’interessante riflessione che ci porta a riconsiderare la nostra idea di “casa, dolce casa” è proposta dal titolo La casa vivente di Andrea Staid (ADD editore, recensione di Adriano Favola su La Lettura del Corriere della Sera). «Noi crediamo di legarci a relazioni, sentimenti, persone; ma siamo molto più legati ai luoghi e agli oggetti che hanno accolto noi e queste persone, coi sentimenti che ci siamo suscitati a vicenda e le relazioni che abbiamo intessuto» così afferma Daniele Petruccioli nel suo La casa delle madri, opera prima per i tipi di Terrarossa edizioni e recensita da Alessandro Beretta su La Lettura. Le case, purtroppo, sono anche il luogo del crimine, dell’abuso, dell’ossessiva memoria e della trasformazione come racconta Abigail Dean nel suo La ragazza A; già celebre un paio d’anni fa e finalmente pubblicato in Italia da Einaudi, per la traduzione di Manuela Francescon. Ne possiamo leggere la bella recensione curata da Alessia Rastelli su La Lettura. Le case come luoghi di memoria, perimetri nei quali si concentrano passati più o meno recenti; è possibile invertire la polarità di questi accumulatori e ritrovare che spesso sono i luoghi come case di memoria. Forse è sufficiente consentire una delimitazione, un periplo definito come ci indica Gavin Francis nel suo Isole, cartografia di un sogno (EDT, traduzione di Anna Lovisolo) recensito da Valeria Parrella su Robinson de La Repubblica. I capitoli sono isole di un arcipelago che coincide con la nostra memoria.

Isole che possono essere celate da un potente rimosso, nel caso di traumi inaffrontabili quali quelli di cui narra L’ombra di Berlino. Vivere con i fantasmi del Kindertransport di Jonathan Lichtenstein (Mondadori, traduzione di Gianni Pannofino). Un figlio alla ricerca del padre, ma non nella sua persona, che è presente, quanto nella propria storia, negata per l’enormità devastante della crudeltà. Ne troviamo la recensione su La Lettura, a cura di Alessio Torino. Nel caso del romanzo di Lichtenstein, il luogo della memoria viene edificato dai mattoni delle parole: lentamente il figlio conosce finalmente il proprio padre. Quando scompare qualsiasi riferimento, sono le parole a difendere, estremo baluardo, la dispersione annullante delle identità culturali, individuali e sociali. Sono le parole a portare con loro gli echi del riconoscimento, ad accendere e guidare l’immaginazione, a strutturare la vitalità; sono le parole che scavano il nostro profondo riportando alla luce la nostra umanità. È questo l’istante che Streghe fraterne di Antoine Volodine (66thand2nd, traduzione di Anna d’Elia) riesce a concretizzare, a rendere materica una cognizione astratta, al punto da poter essere percepita in un’intuizione tattile, accesa: il suono di una voce parlante negherà il muto nulla. Recensione di Luciano Funetta su Robinson di La Repubblica.

Andrea Oddone Martin

© RIPRODUZIONE RISERVATA