Rassegna Stampa Libraria – 14 luglio 2024
La rinuncia alla passione, all’entusiasmo ispirato dal bagliore imprevisto apparso da momentanee imperfezioni tra disposizioni ordinate conduce all’apatia del formalismo, all’abnegazione convenzionale scambiata con il dovere, al rigore dell’uniforme sociale. Il cinquantaquattrenne professore di latino protagonista di Bébi, il primo amore di Sándor Márai (Adelphi, traduzione Laura Sgarioto) è emblema di metodo, perseveranza, devozione al lavoro, ossequio alle convenzioni, plauso sociale. Con il passare del tempo, il rigido contegno provoca al professore nevrastenia ed insonnia, lo carica gradualmente di quella violenza repressa che lo trasformerà in un tragico ordigno esplosivo innescato dalla presenza di Margit Cserey, sua giovane scolara. Recensione di Giorgio Montefoschi su La Lettura del Corriere della Sera.
Cosa porta un uomo dall’educazione di primordine e dalle frequentazioni altolocate ad uccidere due sconosciuti? È ciò che si è proposto il giornalista Mark O’Connell nello scrivere Un filo di violenza (il Saggiatore, traduzione Alessandra Castellazzi). In questo libro, O’Connell approfondisce la testimonianza di Malcolm Macarthur, il pluriomicida irlandese che nei primi anni Ottanta sconvolse il provincialismo dublinese. Recensione di Stefano Friani su Robinson de la Repubblica.
Le famiglie imperniate da almeno un paio di generazioni ad un’impresa aziendale non sono come le altre. I loro componenti sviluppano una cognizione della realtà fortemente vincolata alle dinamiche dell’azienda, al punto da identificarsi con essa. Il senso tribale di un’appartenenza totemica sovrasta qualsiasi prospettiva alternativa, ogni propensione personale. Esse sono espulse dal nucleo famigliare come corpi estranei, oppure faticosamente tollerate nell’emarginazione della “bizzarria”. Nel romanzo Domani, domani (Nord), Francesca Giannone racconta del destino dei componenti di una di tali famiglie, dopo l’improvvisa vendita dell’azienda. Recensione di Patrizia Violi su La Lettura.
Frequentare la letteratura scientifica evolutiva procura un’emozione esaltante. Tra le pagine di questi saggi emerge invariabilmente il polimorfo afflato creativo della brulicante, inesausta, effervescente vitalità, la prodigiosa opportunità della speranza. Costruire la vita. Quattro miliardi di anni dai fossili al Dna di Neil Shubin (Adelphi, traduzione Isabella C. Blum) percorre le trasformazioni più significative nell’evoluzione dei viventi: «tra i casi eclatanti, vi sono quelli della respirazione aerea nei pesci, cioè il sacco d’aria interno sviluppato per controllare il galleggiamento e che è stato riproposto per creare i polmoni negli animali terrestri, o le piume che non hanno avuto origine per consentire il volo, ma sono comparse in dinosauri carnivori favorendo la loro velocità di caccia e si sono specializzate nella funzione del volo con gli uccelli». Recensione di Gilberto Corbellini sul Domenicale de il Sole 24 ore.
Alba Jacobsdottir è la protagonista del romanzo Eden di Audur Ava Olafsdòttir (Einaudi, traduzione Stefano Rosatti); è una docente universitaria, linguista studiosa delle lingue in estinzione. Decide di prendersi cura dell’appezzamento incolto che circonda la casa malandata che acquista in Islanda, vuole piantare un bosco di betulle. Mentre lotta per piantare gli alberi, si interroga sulla struttura di un verbo, sulla posizione di un aggettivo, è curiosa della natura di ogni fonema della sua lingua minoritaria. Un libro sulla potenza della parola e della Natura, recensione di Marta Morazzoni sul Domenicale.
Le arti applicate non hanno più bisogno di fingere, la riduzione totale a prodotto di consumo ha superato l’ostacolo della legittimazione: lo sdoganamento è compiuto. Ormai si tratta di un’arte che decreta il declino di ogni aura, come ha evidenziato Wolfgang Ullrich nel recente L’arte dopo la fine dell’autonomia dell’arte (Castelvecchi, traduzione Alessandra Iadicicco). Recensione di Vincenzo Trione su La Lettura del Corriere della Sera.
Andrea Oddone Martin
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