Rassegna Stampa Libraria – 14 novembre 2021
In principio avevamo le conseguenze disastrose delle due guerre mondiali sulla schiena, ora la consapevolezza storica delle costanti distruzioni (dolorose quanto inutili) al seguito dei confronti fra Stati, la realizzazione della dimensione politica ormai veramente mondiale e l’emergere di nazioni notevolmente più influenti che nel passato, non può essere messa in discussione la necessità dell’Unione Europea. È chiaro, si tratta di un percorso tortuoso e faticoso, ma necessario come l’aria. È un compito che riguarda ognuno, quello di costruire per sé e per i nostri prossimi una consapevolezza identitaria plurima, composta dalle origini personali e inserita nel quadro comprensivo europeo. Del resto, questa che ci appare superficialmente una forzatura è in realtà una possibilità straordinaria: nessuna delle nostre storie personali e famigliari può onestamente dichiararsi omogenea dal punto di vista delle identità. Ciascuna delle nostre storie personali recenti e antiche è costituita da confluenze, trasferimenti, innamoramenti, migrazioni, matrimoni, ideologie varie e mutevoli, commistioni linguistiche, dialettali, sofferenze e gioie. Finalmente, l’idea di Unione Europea permette alle molteplicità identitarie di riconoscersi e sostiene la dimensione dialogica. Faticosa ma, ormai è certificato, di gran lunga superiore ed opportuna al nefasto confronto violento. È ciò che sostiene Amin Maalouf, autore del libro Identità assassine. La violenza e il bisogno di appartenenza (La nave di Teseo, traduzione di Fabrizio Ascari), nella lunga intervista di Nuccio Ordine che troviamo su La Lettura del Corriere della Sera.
«Il confine non è un luogo dove il mondo finisce, ma quello dove i diversi si toccano e la partita del rapporto con l’altro diventa difficile e vera», si tratta di una frase che troviamo nella descrizione di una importante riproposta dell’editore Laterza: Il pensiero meridiano del sociologo e politico Franco Cassano, recentemente scomparso. Un testo che, opportunamente di questi tempi, ci fa riconsiderare il sentimento orgoglioso dell’armonia, naturale e civile, da alimentare laboriosamente in luogo delle derive feroci nazionaliste e fintamente identitarie che non si fondano sulla fiducia, ma sulla percezione della paura e della solitudine. Recensione accorata di Franco Marcoaldi su Robinson de la Repubblica.
L’assurdità dei “confinamenti identitari” è ormai ribadita perfino dalla scienza, Neri Pozza dà alle stampe il titolo L’odissea dei geni dell’antropologa Éveline Heyer (traduzione di Alberto Folin). Un testo che raccoglie i risultati di una ricerca genetica condotta dall’antropologa praticamente in tutto il mondo. Mentre recensisce il volume sul Domenicale de il Sole 24, Guido Barbujani ci ricorda un altro interessante titolo sull’argomento: Breve storia di chiunque sia mai vissuto di Adam Rutherford (Bollati Boringhieri, traduzione di Sabrina Placidi).
È certamente auspicabile un allontanamento dall’astrazione digitale, dalla cosiddetta “realtà aumentata”, per recuperare le vere sensazioni del reale, risvegliarci dal sonno indotto e riappropriarci di noi stessi. È ciò che racconta Daniele Mencarelli nel suo ultimo Tornare sempre (Mondadori), dove un giovane uomo decide di staccare con le consuetudini e di colmare la distanza tra Rimini, dove si è recato per delle vacanze con degli amici, e Roma dove risiede la sua famiglia. In cammino, sulle proprie gambe reali e libero dalle consuetudini alienanti, riesce finalmente a vedere il mondo vero e, di contro, si imbatte in sé stesso. Due recensioni, la prima di Simone Innocenti su La Lettura, e la seconda più edotta letterariamente, di Filippo la Porta su Robinson.
È uscito l’ultimo romanzo di Wilbur Smith. Ci aveva abbondantemente abituato alle periodiche pubblicazioni, la maggior parte di gran successo popolare, senonché quest’ultima volta presenta una particolarità tutta sua: è veramente l’ultimo romanzo. Wilbur Smith ci ha lasciato in questi giorni, dopo una vita estremamente produttiva e gratificante (120 milioni di copie vendute, complessivamente). Il suo ultimo libro si ambienta nell’antica civiltà egizia, un’autentica passione di Smith, e si intitola Il nuovo Regno (Harper Collins, traduzione di Sara Caraffini). Recensione di Enrico Franceschini su Robinson. L’antico Egitto, la civiltà che ha propugnato nei fondamenti la cultura dell’occidente, che ha sintetizzato geografie metafisiche e intelligenze cosmogoniche nella ieraticità delle sue raffigurazioni e dei suoi miti. Tradizioni di origini remote, frequentate e interpretate incessantemente da René Guénon che, peraltro visse l’ultima parte della sua vita nella capitale egiziana, Il Cairo. Viene ripubblicato il saggio Il Re del Mondo (Luni Editrice) che Guénon scrisse tra il 1924 e il 1927 e nel quale egli ricostruisce questa importante figura gnostica individuandola di volta in volta nelle innumerevoli tradizioni studiate. Recensione di Armando Torno sul Domenicale. La metafisica astrae la realtà allontanandoci da essa oppure fornisce percorsi cognitivi di comprensione, rendendoci intimamente partecipi del reale nella sua tangibilità? Imprescindibile comunque rimane la potenza dell’elemento simbolico, da cui l’utilità del Dizionario dei Simboli di Juan Eduardo Cirlot (Adelphi, traduzione di Maria Nicola) da poco ripubblicato. «Animale simbolico è l’uomo che crea e ricrea di continuo i significati di sé stesso e del mondo grazie alla sua facoltà analogica» afferma Giuliano Boccali nella sua recensione al volume che troviamo sul Domenicale de il Sole 24 ore.
Andrea Oddone Martin
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