Rassegna Stampa Libraria – 15 gennaio 2023
La città, una delle capitali invenzioni dell’uomo. Luogo dal quale la Natura è bandita, idealmente bandita ma linguisticamente segnalata. Nella città, la comunità astrae i propri fondamenti, ne mischia con facilità i connotati, determina sorti inedite, persegue lucri psichici, somministra violente pratiche ed effettive comodità. La città non è neutra, condiziona il pensiero, anzi è già essa stessa struttura mentale. Scrive Walter Benjamin negli appunti del Passagenwerk: «Si è parlato di Parigi come della ville qui remue, della città che si muove senza posa. Ma qui l’invincibile forza dei nomi delle strade, delle piazze o dei teatri, che durano a dispetto di ogni spostamento topografico, non è meno ricca di significato della vitalità interna alla pianta della città». «In poche parole, – scrive nel 1886 Vincent van Gogh a Horace Mann Lives – con tanta energia, con un modo sincero e personale di sentire il colore in natura, direi che quaggiù un artista può cavarsela nonostante i numerosi ostacoli. E intendo rimanere qui ancora a lungo». Nel finale della missiva: «Il mio attuale indirizzo è Mr. Vincent van Gogh, 54 Rue Lepic, Paris». Vincent van Gogh è, assieme a Primo Levi e Galileo Galilei, uno dei protagonisti del titolo In un altro mondo di Massimo Bucciantini (il Saggiatore), in cui l’autore accompagna la ricerca di conoscenza e la sete di verità che accomuna queste tre personalità così apparentemente distanti tra loro. Sono anticipate alcune pagine del libro sul Domenicale de il Sole 24 ore.
Si fa presto a dire «La bellezza salverà il mondo», senza cogliere l’ambigua profondità del termine bellezza. In effetti, il termine bellezza rimanda ad un contesto estetico, se non esteriore, e alletta con sentimenti di piacere, di agio, di compiaciuto gradimento se non di bene teologico e filosofico. Chi tradusse quello che diverrà uno dei più celebri passi di Dostoevskij non si avvide dell’intenzione del termine tradotto con bellezza. Nella sensibilità linguistica russa e nel posizionamento interno al romanzo, esso si carica di una complessità più affine a ciò che noi potremmo individuare nella parola grazia. Nell’economia della frase, rivolta al futuro, bellezza perderà la prevalente suggestione estetica, caricandosi dell’intensità messianica della grazia. È la stessa grazia che si esprime nella fragilità, nell’abbagliante cromatismo, nel carattere della presenza, nella fugacità dell’apparizione, nella delicatezza avvenente delle forme, nel fascino caduco e spesso profumato dei fiori. Una grazia incarnata, nell’interpretazione di Noël Kingsbury che ritroviamo nel suo La storia dei fiori e di come hanno cambiato il nostro modo di vivere (Ippocampo, illustrazioni Charlotte Day), che accompagna l’evoluzione culturale attraverso il susseguirsi delle epoche, rappresentandone i significati. Presentazione doviziosa di Antonio Perazzi sul Domenicale.
Sono significati difficili da identificare, si manifestano nelle correnti subliminali delle coscienze collettive aggiogate alle ciclicità naturali, all’enorme incedere del mutamento, alle sue periodiche crisi, alle qualità migliori e peggiori del genere umano, alle loro periodiche crisi. Testimoniate, come afferma Mina di Mingher, alter ego dello scrittore Orhan Pamuk nel suo romanzo Le notti della peste (Einaudi, traduzione Barbara la Rosa Selim), da una storiografia che trascura l’intensità indivuduale preferendo una descrizione complessiva ma lontana. Recensione di Elisabetta Rasy sul Domenicale.
Si tratta forse della questione più difficile, possedere la coscienza storica della propria attualità. Pochi coloro che ne hanno dato prova, alcuni prefigurando le tensioni implicite del XX secolo. Uno di questi è certamente stato René Guénon, che nel 1927 pubblica La crisi del mondo moderno (a quattro anni di distanza dal Il tramonto dell’Occidente di Osvald Spengler). È uscita per l’editrice Luni la nuova traduzione del titolo di Guénon, di Anna Pensante. La recensisce Armando Torno sul Domenicale.
Tensioni sviluppate ed inflitte nella pelle degli individui, nel loro vissuto, nelle loro scelte spesso inconsapevoli, sempre subite anche quando, nel moto transeunte di un orgoglio posticcio come la barba finta, paiono prevalere. Una testimonianza dal valore autobiografico, Dal giardino all’inferno. Lettere di una nonna ebrea dalla Germania. 1933-1942 di Mara Fazio. Il volume raccoglie le lettere della bisnonna Lina indirizzate alla nipote, la madre di Mara Fazio. Pagine in cui viene accuratamente descritta con presenza di spirito la progressiva degenerazione, lo stillicidio legaloide, l’ingiustizia perpetrata crudelmente e trasversalmente dalla volontà autodistruttiva della stupidità umana, fino alla decisione finale dello sterminio, la messa in atto dello stesso. Sul Domenicale la premessa di Mara Fazio al volume.
Un libro che testimonia un’altra vicenda di carattere famigliare è quello che raccoglie nelle sue 648 pagine la vita e l’opera di Alberto Rosselli, pioniere del design italiano nel dopoguerra, curata dal figlio Paolo Rosselli con Elisa di Nofa e Francesco Paleari: Alberto Rosselli. Architettura, design e «Stile Industria» (Quodlibet, prefazione Michele Masneri). Alberto Rosselli, genero e socio di Giò Ponti, progettista ma soprattutto divulgatore di quella nuova cultura di superamento dell’artigianato locale in favore del prodotto industriale e internazionale, invocata in Italia dal termine design. Tra i fondatori dell’Associazione per il Disegno Industriale e del Compasso d’oro, titolare di una rubrica su Domus e della curatissima rivista Stile Industria, si contrappose al pregiudizio degli industriali sul contributo artistico alla produzione. Recensione di Gabriele Neri sul Domenicale.
La capacità narrativa degli scrittori di origine ebraica è da lungo tempo confermata; quella particolare atmosfera, quel modo di tratteggiare le personalità, le situazioni, formano un’epica del contro-eroe, del personaggio suo malgrado, dell’originalità proposta dal quotidiano e dell’importanza del quotidiano nell’eccezionalità. Sholem Aleichem, Saul Bellow, Joseph Roth, Isaac Bashevis Singer e tutti i suoi fratelli, Stefan Zweig, Arthur Miller, Mordecai Richler, Philip Roth, tanto per ricordarne alcuni. Il regista, ma anche scrittore, Woody Allen ha dato brillante prova del saper raccontare. André Kaminski appartiene a questa stirpe di narratori, raccoglie le movimentate vicende della sua vita e della sua famiglia (ma non solo) in libri che vengono pubblicati dal prestigioso editore tedesco Suhrkamp. In Italia viene proposto negli anni Ottanta per poi scomparire dagli scaffali delle librerie. Oggi viene pubblicato Il terremoto di Agadir (Acquario, traduzione Amina Pandolfi), una raccolta di storie ambientate in Marocco e in Algeria negli anni Sessanta. Recensione di Marco Belpoliti su Robinson de la Repubblica.
Racconta anch’esso della sua vita, Claude Arnaud, e soprattutto del ’68 francese da una posizione privilegiata, la prima linea intellettuale: Che hai fatto dei tuoi fratelli? (Bompiani, traduzione Daniela Bargiarelli). Sono gli anni intensi della contestazione francese, così diversa dal ’68 italiano, restituiti autobiograficamente nell’adolescenza di Arnaud. Lo stesso autore ne parla diffusamente, nell’intervista di Stefano Montefiori su La Lettura del Corriere della Sera.
Il ritratto è genere scultoreo, pittorico, fotografico prima di ecfrastico. Fin dalla notte dei tempi l’umanità si è dedicata a ritrarre, nelle diverse intenzioni culturali, personalità più o meno importanti, soggetti più o meno sacri. Dal Quattrocento, nelle finalità della ritrattistica prevalgono le sembianze personali, le fisionomie veritiere, fino all’introspezione psicologica ravvisata nei ritratti di Lorenzo Lotto, di Tiziano Vecellio. È una galleria di illustri personaggi, quella raccolta in Forse è tutta questione di luce. Ritratti e incontri di Alvar Gonzáles-Palacios (Salani). Uno dei massimi esperti d’arte viventi traccia nel corposo libro una serie di profili tra i più importanti del mondo dell’arte, ma non solo: Federico Zeri, Roberto Longhi, Jean Paul Getty, Costantino Bulgari, Bernard Berenson, Alberto Arbasino, Anna Banti, Mario Spagnol, Peggy Guggenheim, Liliane de Rothschild, Antony Blunt, Philip Pouncev, etc. Recensione di Natalia Aspesi su Robinson.
La questione della conoscenza, del sapere, è al centro della nostra epoca dissipante, regno di cancel culture. Cerca di dare una risposta Alessandro Carrera, proponendo una soluzione al problema della presunta inattualità dei modelli culturali classici. Nel suo Sapere (il Mulino), Carrera prospetta la terza via: «Anziché chiedersi cosa è meglio tra una fuga di Bach e una musica Folk, cercare una misura comune che, in forma inaspettata, le colleghi. Anche una musica pop può essere altrettanto compiuta di una classica». Come se non bastasse, il ragionamento traguarda approssimativamente orizzonti filosofici orientali dove tutto coincide con tutto, comodamente. Una geografia di luoghi comuni, popolata di qualunquismo. La recensione è di Roberto Esposito e si trova sulle pagine di Robinson.
Una volta raggiunti gli obbiettivi del progresso, saremmo capaci di concederceli? Dipende, come afferma Domenico de Masi nel suo ultimo La felicità negata (Einaudi), se riusciremo ad abolire la vecchia cultura “calvinista” del lavoro, ad esempio. Il testo inquadra con perizia storica e intelligenza imparziale ed obiettiva il percorso tracciato dalle scelte che hanno prevalso in passato (recente e meno recente), ripercorre gli intenti delle scuole di pensiero determinanti gli attuali assetti sociali ed economici, analizzandone con equilibrio disincantato i risultati effettivi. Recensione puntuale di Mauro Ceruti sul Domenicale.
Che fascino, i romanzi di “cappa & spada”. Per non dire della letteratura della filibusta, dei corsari, bucanieri e pirati. Epiche avventurose e metafisica del mare che rivivono nelle pagine di Tra i flutti di Paolo Giorgi (Casti Editore, prefazione Corrado Augias). Presenta il volume Stefano Folli su Robinson de la Repubblica.
Andrea Oddone Martin
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