Rassegna Stampa Libraria – 19 febbraio 2023

Rassegna Stampa Libraria – 19 febbraio 2023

Il fermento culturale che caratterizzò i secoli del basso Medioevo successivamente sfociato nel Rinascimento, delle cui realizzazioni godiamo tutt’oggi, aveva dato dimensione filosofica a quel sentimento definito “melanconia”. Definita, fin dai Problemata aristotelici, afflizione dei pensatori, frutto dell’estrazione dell’argento lunare dal piombo saturnino in ambito alchemico, prezzo della conoscenza, la melanconia è stata immortalata nel 1514 da Albrecht Dürer nell’incisione Melencolia I. Rivendica anche questa dimensione, la scrittrice americana Susan Cain nel suo Il dono della malinconia. Indagine su un sentimento (Einaudi, traduzione Manuela Francescon). La malinconia come capacità di immedesimazione, contrastata dal dogma estroverso, positivo, assertivo, promosso dalla società moderna. «Noi americani – afferma Susan Cain – siamo meno felici di altri popoli e di sicuro meno felici di come vogliamo sembrare». Che sia solo americana, questa virtù? Recensione di Carmen Pellegrino su La Lettura del Corriere della Sera.

Anche l’olandese Joke J. Hermsen si confronta, in modo più universale, con il mesto sentimento nel suo L’in-quieta malinconia (Querininana, traduzione Guido Ferrari). Presenta il volume Mons. Gianfranco Ravasi sul Domenicale de il Sole 24 ore.

Di gran conforto, se non di sprone, le opere letterarie in senso stretto, formale più che didascalico. Come Uno shock di Keith Ridgway (SUR, traduzione Federica Aceto), romanzo di racconti brevi a comporre un periplo che si chiude su sé stesso. Recensione di Alessio Torino su La Lettura.

Le strutture letterarie atte alla meditazione, debbono altresì giustificarsi nella necessità che ignora, ad esempio, le banalità stereotipe del merchandising. Si rifaranno, invece, ad un’autenticità senza altri fini se non la compiutezza, in ultima analisi, stilistica. Ed è il caso di Uvaspina di Monica Acito (Bompiani). Opera prima in cui l’umanità trasuda dalle vene di una città altrettanto eterna, Napoli. Recensione di Marco Onnembo sul Domenicale.

D’altro canto, la narrativa si fa comunicazione di massa, se non populismo letterario nel caso della produzione di Amalia Liana Negretti Odescalchi, in arte Liala, che tra gli anni Cinquanta e Sessanta ha segnato l’immaginario sociale femminile. Ne parla Mariolina Bertini, in un volumetto di ricordi personali, Su Liala (Nuova Editrice Berti) nel quale confessa il coinvolgimento emotivo che visse al tempo e nel contempo descrivendo la qualità della produzione della scrittrice. Recensione di Francesco Maria Colombo sul Domenicale.

Un altro resoconto autobiografico, di finzione questa volta, lo troviamo nell’ultimo Memorie di un infedele di Sebastiano Nata (Bompiani). Il protagonista, ex dirigente d’azienda, anziano e malato terminale ripercorre la sua vita e la sua carriera lavorativa. Nata adopera lo stratagemma di far descrivere al suo protagonista il modello etico e morale del nostro mondo economico, che tardivamente ripudia versando lacrime amare. Il coccodrillo pare che pianga, dopo aver mangiato. Recensione di Angelo Ferracuti su La Lettura.

La cifra sociale diffusa del mondo d’oggi si chiama passività. È la stessa passività di Federico detto Fede, il personaggio principale di Il paradosso della sopravvivenza di Giorgio Falco (Einaudi). Attraverso Federico l’autore descrive il modus col quale al giorno d’oggi la maggioranza delle persone si confronta con la quotidianità, con la spiritualità, i diritti e i doveri civili, l’erotismo, il lavoro, il digitale, la Natura, la morte, l’amore, il futuro. Recensione di Daniele Giglioli su La Lettura.

“È vero che l’uomo non impara mai?” è una falsa domanda perché il soggetto è generico e ogni persona lo può immaginare secondo il proprio tornaconto. Meglio sforzarsi di definire i limiti cognitivi e della volontà umana, in termini scientifici come ha fatto a suo tempo (era il 1971) il dott. Philip Zimbardo nel suo celebre lavoro “Esperimento carcerario di Stanford”. Il compito sarebbe certamente più utile a prefiggersi degli obbiettivi veramente perseguibili, e non chimere irraggiungibili. Nel frattempo, per confermare la regola, un’altra guerra tormenta l’Occidente; l’ultracentenario Edgar Morin porta la sua ricca testimonianza in Di guerra in guerra. Dal 1940 all’Ucraina invasa (Raffello Cortina, traduzione Susanna Lazzari, prefazione Mauro Ceruti). Di guerre, Morin ne ha viste troppe (Seconda Guerra Mondiale, la guerra d’Algeria, le guerre di Jugoslavia, la guerra in Iraq, il conflitto tra Israeliani e Palestinesi e la guerra in Ucraina) ma soprattutto sempre uguali, lo stesso odio, la stessa crudeltà, le stesse menzogne, gli stessi interessi, la stessa labilità umana: un giorno, quello che fino a ieri era il tuo migliore amico si apposta dietro un edificio e ti spara addosso. Edgar Morin viene intervistato da Nuccio Ordine su La Lettura.

Lo scrittore francese Antoine Volodine immagina, nel libro Le ragazze Monroe (66THAND2ND, traduzione Anna d’Elia), il mondo come un grande ospedale psichiatrico, l’ultima ambientazione possibile, secondo lui. Ed è anche molto sicuro sul ruolo odierno dell’intellettuale: «Cercare la bellezza e la precisione, scrivere storie, creare mondi alternativi con le parole. Costruire piccoli rifugi bizzarri, dove è bello passeggiare». Cristina Taglietti intervista Antoine Volodine su La Lettura.

Se pensiamo al Settecento napoletano come uno dei periodi più progressisti d’Europa. Napoli era, assieme a Parigi, Londra ed Edimburgo nel fulcro del dibattito europeo per la costruzione della modernità, per il rinnovamento dei modelli del vivere civile, per la progettualità del futuro della collettività. Un futuro che promuoveva le virtù civili ed economiche della fiducia, del mutuo vantaggio, nell’aspirazione della felicità pubblica. Napoli capitale dei lumi. Scienza, economia e politica è una raccolta di saggi curata da Antonio Cecere (Castelvecchi) che descrivono la Napoli settecentesca, centro europeo illuminista. Recensione di Gaspare Polizzi sul Domenicale.

Non dimenticheremo certo il precedente “nuovo mondo” del Rinascimento veneziano. Il titolo Venezia e i Mongoli. Commercio e diplomazia sulle vie della seta nel Medioevo di Nicola di Cosmo e Lorenzo Pubblici (Viella) espone avvenimenti, istituzioni e strutture dello spazio compreso tra Europa, Mediterraneo, Medio ed Estremo Oriente, degli anni della “gestazione della modernità occidentale”, tra il XIII e il XV secolo. La lungimiranza del patriziato commerciale veneziano nell’inoltrarsi, frequentare, stringere contratti, conquistare e battersi, costruire infrastrutture, rotte di navigazioni, relazioni diplomatiche, ha del fenomenale e spiega la vera vocazione di Venezia (oggi trasformata in un’indegna Disneyland). Venezia è ed è sempre stata la Porta d’Oriente. Presenta il volume Franco Cardini sul Domenicale de il Sole 24 ore.

Andrea Oddone Martin

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