Rassegna Stampa Libraria – 19 giugno 2022

Rassegna Stampa Libraria – 19 giugno 2022

I recenti e tragici eventi hanno imposto l’immagine della Russia nel quotidiano di ciascuno noi. Per lo più, a meno di non essere specializzati, della Russia sappiamo ben poco. Ad esempio, non conosciamo nulla della mentalità russa, del comune sentire russo. Necessariamente, cerchiamo di leggere le notizie che provengono dallo sconfinato Paese attraverso il filtro della nostra forma mentis, in questo caso inadeguata. Comprendiamo nettamente la formula oppositiva che viene posta al cosiddetto “occidente”, frutto di una diversità radicale ma di questa diversità, generalmente, non ne possiamo percepire qualità e dimensione sociale. In funzione degli eventi in corso, sono molte le pubblicazioni che cercano di sopperire al vuoto, di completare, divulgare, approfondire, di fornirci degli strumenti cognitivi. Gli uffici competenti di Iegor Gran (Einaudi, traduzione Giuseppe Girimonti, Ezio Sinigaglia) è un romanzo che prende le fila dal vissuto reale e da documentatissima ricerca mentre ricostruisce gli anni dell’URSS dal 1953 al 1964, restituendone la versione dal punto di vista degli agenti del Kgb dell’epoca. Alessia Rastelli presenta il volume sulle pagine de La Lettura del Corriere della Sera mentre intervista l’autore. Un altro utile titolo per cercare di capire la visione che la Russia ha di sé e del mondo è L’idea russa. Da Dostoevskij a Putin dello slavista Bengt Jangefeldt (Neri Pozza, traduzione Lidia Salvati).

Donzelli pubblica il volume per l’infanzia intitolato Transiberiana. Tutti a bordo! (traduzione Lila Grieco). In questo volume riccamente illustrato, la storica Alexandra Litvina e l’illustratrice Anna Desnitskaya hanno raccolto le testimonianze dei bambini e dei loro genitori che abitano lungo il celebre e smisurato percorso, costruendo un palinsesto di geografia, aneddoti, storia, usi e costumi, curiosità. Recensione al volume e intervista ad Anna Desnitskaya di Ilaria Zaffino su Robinson de la Repubblica.

Il treno, l’orizzonte smisurato, il fascino esotico e vivificante del viaggio; l’attualità inquinata impone un aggiornamento alla mobilità: la qualifica di sostenibile. È da troppo tempo, infatti, che la nostra mobilità si è realizzata a discapito delle risorse ed ora la natura presenta il conto. Da troppo tempo, ma non da sempre. Infatti, la mobilità è da sempre stata sostenibile fino al recente avvento dei mezzi a motore: ora la rivoluzione consiste nel riprenderci la salute… camminando. Camminare riconcilia con il mondo, come ribadisce David le Breton nel suo ultimo La vita a piedi. Una pratica della felicità (Raffaello Cortina, traduzione Paola Merlin Baretter). La recensione è di Carlo Bordoni su La Lettura.

Camminando ci riappropriamo di noi stessi, della realtà del paesaggio naturale e sociale, e riconosciamo tangibilmente l’artificiosità dei confini politici, dei perimetri nazionali; camminando ci rimane difficile sostenere appartenenze identitarie fondate sulla nazionalità. Nel saggio Antropologia delle migrazioni. L’età dei rifugiati (Carocci) l’antropologa Barbara Sorgoni riassume storia e attualità dell’incessante mobilità umana e confronta gli stati, gli assetti politici che identificano artificialmente l’essere umano come stanziale e caratterizzato culturalmente dal perimetro nazionale invece che normalmente in movimento. Puntuale la recensione di Adriano Favole su La Lettura.

Problematiche che urgono aggiornamenti, risposte dai risvolti concreti. È evidente che la possibilità di scelte consapevoli o meno consegue inevitabilmente al livello culturale; perfino Melchor Marin, il personaggio poliziesco inventato da Javier Cercas, nel suo ultimo thriller, Il castello di Barbablù (Guanda, traduzione Bruno Arpaia) lascia la divisa per diventare bibliotecario. Recensione di Paolo Lepri su La Lettura.

La letteratura rivela e tace, scopre e ricopre, illumina e oscura, in questa pulsazione ci spinge a considerare zone evidenti ma trascurate. Stefan Zweig denunciava, ne Il mondo di ieri: ricordi di un europeo, la scomparsa sociale della vecchiaia e l’imperitura dimensione della gioventù eterna. Si era agli inizi del Novecento ma la denuncia, nonostante l’evidenza sempre più marcata, si perse nel nulla. Oggi non ci sono modelli estetici e sociali per la maturità avanzata, per l’anzianità, la vecchiaia. Esistono solo modelli estetici e sociali per la giovinezza eterna, che diventano patetici, grotteschi se adottati da persone in età matura. Nel momento del sopraggiungere naturale si finisce nel giro di pochi anni nella zona grigia dell’indistinto, del “giovanile”, del “su, che sei ancora giovane”, segnali di una inevitabile emarginazione già in atto da tempo. Nella raccolta di racconti intitolata La donna invisibile (Bottega Errante, traduzione Elvira Musčić) Slavenka Drakulić si rivolge a questa zona d’ombra, facendo apparire in trasparenza le presenze eclissate da una visuale meschina. Recensione di Melania Mazzucco su Robinson.

Le polemiche sul salario minimo, sul sussidio universale, sono pregiudiziali, sterili e moralistiche oltre che tragicamente antieconomiche. E sono pervase da un fondo d’ignoranza: non sanno cosa sia effettivamente la povertà. I polemisti, divisi politicamente in accusatori e benevolenti, non hanno idea di quanto il loro benessere sia condizionato dalla povertà perché non la conoscono se non nei suoi tratti appariscenti, ne evitano la personalità, la dimensione mentale e gli squilibri che genera. Ci pensano tre autori a fare il punto: Chiara Saraceno, David Benassi e Enrica Morlicchio, nel loro studio La povertà in Italia (il Mulino) si dà conto della dimensione poligonale del problema e della storia che lo caratterizza, sociale, politica ed economica. Recensione di Alberto Orioli sul Domenicale de il Sole 24 ore.

È una narrativa dell’intimità, quella di Alessandra Sarchi. Nei cinque racconti raccolti nel volume Via da qui (Minimum fax) traspaiono apprensioni personali e collettive, azioni coraggiose e dialoghi intensi, speranze e aspettative disattese, densità vitali nel quotidiano pervaso strutturalmente dalla provvisorietà. Recensione di Gino Ruozzi sul Domenicale.

Argomento delicato, quello della creatività. Si può insegnare la creatività? È innata o si può imparare? È questo lo spunto per Creativi si nasce o si diventa? di Piero Bianucci (Dedalo) che però lascia la questione in bilico, un abile equilibrismo per un tema che non ammette superficialità. La recensione è di Patrizia Caraveo sul Domenicale. Una cosa è certa, il creativo non può scegliere se esserlo oppure no, al più affinerà l’esperienza dell’artigianato che sosterrà la propria creatività. Intagliatori del legno capaci e brillanti ve ne sono sempre stati, di Andrea Brustolon ve n’è stato uno solo e per rendersene conto è sufficiente aver visto almeno una volta una sua opera. Di pittori valenti ve ne sono, ma vedete qualche disegno del bimbo Picasso e capirete che si tratta di un’orbita elitaria, ristretta e non programmabile. E il poeta di Recanati? Irraggiungibile la sua limpida, spietata, folgorante e umanissima intelligenza artistica. Un fuoriserie, com’è ogni vero creativo. Il resto è vuota chiacchiera. A volte il fuoriclasse viene trascurato dal mondo della società più larga, e la sua condizione di creativo gli impone un’onestà che snatura il compromesso (pensiamo a Carlo Emilio Gadda, ad esempio). Poiché il gesto artistico, checché se ne dica, non ha nulla a che fare con la comunicazione, col pubblico: si rivolge ineluttabilmente all’essente, alla precisione massima della sua certificazione, della sua conferma d’esistenza. La vita artistica del poeta siciliano Bartolo Cattafi scorreva impetuosa nei solitari torrenti montani della creatività, ma lontano dalle falde larghe, ospitali e promiscue dei fiumi delle pianure. Pur stimata da intellettuali del calibro di Giovanni Raboni e Vittorio Sereni, pur oggetto di numerosi ed importanti riconoscimenti, la sua opera è stata praticamente esclusa dalle più importanti antologie poetiche. A cinquantotto anni di distanza dalla prima edizione, viene ripubblicata oggi da Le Lettere la raccolta di liriche L’osso, l’anima. Roberto Galaverni presenta il libro e l’autore sulle pagine de La Lettura.

Giuseppe Tomasi di Lampedusa scrisse un breve e affascinante racconto intitolato La sirena, dove mito, estasi e ricordo personale si intrecciavano strettamente. Una narrazione più che affine alla vicenda occorsa a un giovane pescatore dell’isola di Black Conch, nel romanzo La sirena di Black Conch di Monique Roffey (Marsilio, traduzione Ada Arduini). Recensione di Patrizia Violi su La Lettura.

È sempre stato così: c’è una donna all’inizio di tutto. Pensiamo alla guerra di Troia, alla saga di Lancillotto, alla Commedia dantesca, al Canzoniere di Petrarca, alla Bovary di Flaubert, l’Arianna del filo, la Primavera di Botticelli, etc. In versione messicano/californiana il romanzo Páradais di Fernanda Melchor, narra dello scompiglio che porta con sé l’apparizione signora Marián nel quartiere di lusso della città di Progreso. Recensione di Orazio Labbate su La Lettura.

Qualche tempo fa non era raro sentire i ragazzini rispondere «l’astronauta!» alla domanda rituale «Cosa vorresti diventare da grande?». L’immaginario della seconda metà del novecento era segnata dall’esplorazione spaziale inaugurata dall’allunaggio dell’Apollo 11, ma già in precedenza si sognavano voli ultraplanetari nelle fantascienze di Jules Verne. Il cinema ampliò e sostenne l’eccitazione di questo immaginario, tra gli altri Star Treck, 2001 Odissea nello spazio, la serie televisiva Spazio 1999. Fantasie segnate dalle iconiche astronavi di queste pellicole. Michele Tetro e Roberto Azzara hanno raccolto nel volume Astronavi. Le storie dei vascelli spaziali nella narrativa e nel cinema di fantascienza (Odoya) la multiforme flotta interstellare della più popolare fantascienza. Recensione di Alfredo Sessa sul Domenicale.

Ed è questo, il miracolo della narrativa: soddisfare il desiderio di infinito del lettore, innescando la “sospensione dell’incredulità” e avviando la nostra immaginazione verso lidi sterminati, emozionanti e sconosciuti. «Apri Orizzonte perduto di James Hilton e fin dalle prime pagine hai l’impressione di trovarti nel territorio di Joseph Conrad o di Graham Greene» afferma Enrico Franceschini mentre recensisce il volume edito da Corbaccio (traduzione Clotilde Arcelli) sulle pagine di Robinson de la Repubblica.

Andrea Oddone Martin

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