Rassegna Stampa Libraria – 22 maggio 2022
Un falso dilemma attraversa inesorabile ogni ambiente dedicato alla formazione artistica: la creatività si può insegnare? La risposta è chiaramente negativa, anzi non è nemmeno una domanda da porsi, tanto è evidente la risposta. Chissà quale scuola di scrittura creativa avranno frequentato, ad esempio, Dante Alighieri, Günter Grass, William Shakespeare, Joseph Roth, Carlo Emilio Gadda, Luis-Ferdinand Céline, Fëdor Dostoevskij, James Joyce, Sándor Márai, Anna Maria Ortese, Anton Čechov, Graham Greene, etc. L’unica causa che ha determinato la loro grandezza è l’incrocio tra la qualità del loro talento, della loro intelligenza e la qualità delle loro esperienze. Ma questo non ve lo dirà nessuno a scuola, mentre i professori smontano minuziosamente e scientificamente le grandi letterature dandovi l’illusione di insegnare i “meccanismi” creativi. Lo scrittore di racconti George Saunders ha raggiunto un enorme successo di pubblico ed è stato premiato prestigiosamente (non occorre dire che successo e qualità non hanno nulla in comune). Spinto dalla passione per gli autori russi ha scritto Un bagno nello stagno sotto la pioggia. In cui quattro scrittori russi tengono una master class sulla scrittura, la lettura e la vita (Feltrinelli, traduzione Cristiana Mennella), un corposo volume in cui Saunders analizza sette opere di Cechov, Tolstoj, Turgenev e Gogol’ «come un meccanico, ha alzato il cofano per guardare cosa c’è sotto. Ha smontato il motore, ha controllato il telaio». Il libro è nato dalle lezioni di scrittura creativa di Saunders, per studenti già scrittori che devono capire la tecnica della scrittura. Saunders ha inoltre un sito nel quale, per soli 50 dollari all’anno, gli abbonati possono frequentare l’officina di Saunders. Niente male, per un ingegnere. Lunga intervista di Matteo Persivale a George Saunders su La Lettura del Corriere della Sera.
Viviamo costantemente nella giostra degli specchi deformanti, e ciò è ancor più vero per la quantità fotografica che ci avvolge. Il positivismo ottocentesco, ossessionato dal pensiero tecnico-scientifico, sosteneva l’invenzione fotografica attribuendole carattere di realtà, di certificazione di verità, ed era in errore. Mimesis pubblica nuovamente un testo che risale al 1997 ma che si impone per la sua stringente attualità. Il bacio di Giuda. Fotografia e verità di Joan Fontcuberta propone metodologicamente lo sguardo critico da rivolgere alle immagini che ci circondano, per evitare di contribuire fattivamente al mare d’ignoranza. Recensione di Anna li Vigni sul Domenicale de il Sole 24 ore.
I contesti di senso condizionano immancabilmente la percezione e ciò è dovuto, in ultima analisi, al linguaggio e all’autocoscienza, vicendevolmente referenti. È puntuale e pertinente la recensione di Arnaldo Benini a Quello di cui la natura non ha bisogno. Linguaggio, mente ed evoluzione di Dereck Bickerton (Adelphi, traduzione Davide Bordini) che troviamo sul Domenicale. Al linguaggio e all’autocoscienza dobbiamo l’origine della cultura, nonché la pratica della lettura.
L’affermazione di Giuseppe Verdi: «Torniamo all’antico: sarà un progresso» si attaglia perfettamente alla critica che l’antropologo, filosofo e sociologo della scienza Bruno Latour rivolge allo statuto della sociologia contemporanea nel libro Riassemblare il sociale (Meltemi, prefazione Franco Farinelli, traduzione Donatella Caristina). Essa dovrebbe affrancarsi dalle nicchie di specializzazione in cui si è frantumata e dalla specifica forma critica in cui si è cristallizzata la sua metodologia. Invece, secondo Latour dovrebbe coltivare un atteggiamento universalistico ed impegnarsi in una pratica intellettuale di salvaguardia. Come accadeva in passato. L’intervista a Bruno Latour è di Carlo Bordoni e la troviamo su La Lettura.
Dall’antico ci raggiungono le prime testimonianze culturali dell’umanità, Adelphi pubblica Il tempo sacro delle caverne. Da Chauvet a Lascaux le ipotesi della scienza (traduzione Svevo d’Onofrio), testo nel quale avvertiamo tutta la tensione conoscitiva dell’umanità primitiva, funzione reciproca di linguaggio e autocoscienza. Recensione di Vincenzo Trione su La Lettura.
Funzione inalterata nell’attraversamento dei millenni, ad essa dobbiamo l’esistenza dei nostri amati libri. Il libro nel mondo antico di Lucio del Corso (Carocci) percorre l’avventurosa storia del libro dal VII secolo a.C. al IV secolo d.C. La ricerca di Del Corso attraversa aneddotica, storia, materiali di confezionamento, formati editoriali, spazi per la conservazione, etc. Come afferma Armando Torno nella recensione sul Domenicale: «pagine piene di notizie per “libridinosi”». Il rapporto tra storia e memoria si è modificato nel tempo polarizzandosi ai nostri giorni intorno alla dittatura dell’individuo.
Lo studioso Enzo Traverso dà alle stampe La tirannide dell’io. Scrivere il passato in prima persona (Laterza), testo in cui descrive l’inclinazione degli storici attuali alla vanagloria comunicativa, emozionale, alla stregua della comunicazione sociale secondo il modello antropologico corrente, sostituendosi ai protagonisti. Scrive Traverso: «Oggi il mondo si guarda nello schermo di uno smartphone che lo trasforma in selfie», storici compresi. Recensione di Marco Belpoliti su Robinson de la Repubblica.
Sono evidenze della disgregazione in corso, della patologica decomposizione. La società è malata e sta morendo, di fronte al fatto compiuto l’australiano Richard Flanagan adopera lo stilema letterario della sparizione, e scrive Il vivo mare dei sogni a occhi aperti (Bompiani, traduzione Maristella Notaristefano e Piernicola d’Ortona), libro che alterna storia famigliare e realismo metaforico. Le sparizioni visionarie di Flanagan echeggiano la scomparsa dell’umanità, delle comunità, dell’empatia, del rispetto della natura. Recensione di Livia Manera su La Lettura.
Lo svanire di queste importanti componenti umane e sociali fa da contraltare al prevalere di pratiche fredde, distaccate, solitarie, dall’emotività legata alla “realtà” controllata e preposta dall’ambiente digitale algoritmico, formalizzato in una contabilità sociale che prevede l’applicazione acritica della legge. Ora domina un atteggiamento miseramente burocratico che richiama i farisei delle antiche scritture. Ma chi erano i farisei? Nel 2019 si è svolto a Roma un convegno intitolato Gesù e i farisei di cui il volume I farisei di Joseph Sievers e Amy-Jill Levine (San Paolo) raccoglie gli atti. Recensione del mons. Gianfranco Ravasi sul Domenicale.
La burocrazia è funzionale all’incapacità dei più, alla mancanza di uomini che sappiano decidere, che abbiano una visione, alla prevalenza del “legi-centrismo” (si pensa di risolvere i problemi approvando le leggi), all’assenza della politica, all’assenza di statisti capaci di elaborare sistemi di valori, di condividerli e di realizzarli. Sono queste alcune delle cause che Sabino Cassese nomina sul Domenicale mentre si riferisce all’Italia ricchissima di buone idee e di ottimi propositi rimasti allo stato di progetto, parzialmente realizzati e poi abbandonati, oppure seguiti da controriforme che contraddicono le riforme proposte, nella rutilante inversione dei mezzi che si trasformano in fini. A questo Paese bloccato si rivolge Molte riforme per nulla. Una controstoria economica della seconda Repubblica di Alberto Saravalle e Carlo Stagnaro (Marsilio).
Paradossalmente resta utopico, nel nostro Paese, l’ideale di impresa definita e praticata da Adriano Olivetti, l’unico modello economico evoluto come ha dimostrato la sua applicazione in numerose aziende italiane di pregio, rilevate da imprenditoria estera (ad esempio, la Ducati che oggi fa parte del gruppo Audi). Esce la biografia di Olivetti intitolata AO. Adriano Olivetti un italiano del Novecento di Paolo Bricco (Rizzoli); se ne può leggere un estratto sulle pagine del Domenicale.
La vicenda olivettiana reca i connotati dell’amarezza di una rinuncia forzata tutt’ora viva. Assomiglia per certi versi a quei luoghi di confine, contraddittori e fertili nella loro promiscuità, abbandonati colpevolmente dalla stupidità crudele dell’uomo ad un disarmo attraversato da nostalgie e rimpianti, come Trieste. A Trieste è ambientato l’ennesimo episodio del commissario Proto Laurenti, Lontani parenti (E/O, traduzione Monica Pesetti) dello scrittore tedesco Veit Heinichen. Recensione di Marco Ostoni su La Lettura.
Quando il meccanismo si inceppa, quando l’espediente che è riuscito a distrarci da una difficoltà, da un problema inafferrabile, da un disagio profondo e disorientante, si logora e manifesta tutta la sua artificiosità, la fuga diventa impossibile. Ma è proprio in quello che consideriamo imprevisto, dietro allo scoglio inaspettato, che appare la possibilità ulteriore. In Zucchero bruciato di Avni Doshi (Editrice NORD, traduzione Francesca Martucci) il sopraggiungere dell’Alzheimer e un armadio di ricordi riaprono la questione della difficoltà di un rapporto generazionale mai risolto. Recensione di Giulia Ziino su La Lettura. Sullo stesso schema di genere, I giudizi sospesi di Silvia dai Prà (Mondadori), recensione di Marzia Fontana su La Lettura e Corpomatto di Cristina Venneri (Quodlibet), recensione di Demetrio Paolin sempre su La Lettura.
In quei frangenti è doveroso impugnare i nodi ed imbastire lo strumento indispensabile a sbrogliarli e definire un nuovo corso di possibilità: la mappa. Proprio da una mappa dipartono le innumerevoli vicende del voluminoso Ferrovie del Messico. Un romanzo d’avventura scritto da Gian Marco Griffi (Laurana Editore, postfazione Marco Drago). Recensione di Alessandro Beretta su La Lettura.
Ricordate i programmi televisivi di Luigi Veronelli o quelli di Mario Soldati? L’enogastronomia non si era ancora trasformata in Masterchef ed era uno specchio culturale di autenticità, umanità e storia. Alberto Capatti ci riprova con Piccolo atlante dei cibi perduti. Storie di cucina dimenticata (Slow Food Editore). La recensione è di Luca Cesari e si trova sul Domenicale.
Cultura della natura per i più piccoli fa rima con Le quattro stagioni di … Sam Usher. L’autore inglese ha prodotto una serie di quattro volumi illustrati dedicati alle stagioni annuali. Il primo si intitola Neve, seguito da Temporale e ora esce Sole a cui seguirà per concludere Pioggia (Clichy, traduzione Maria Pia Secciani). Ilaria Zaffino intervista Sam Usher sulle pagine di Robinson de la Repubblica.
Andrea Oddone Martin
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