Rassegna Stampa Libraria – 24 luglio 2022
Già si sapeva, dopo anni di disperati quanto ignorati allertamenti scientifici ora si è palesata la siccità dovuta alla crisi climatica e mai come in questo periodo le burrasche sono ambite ed assenti. L’unica burrasca che nessuno avrebbe desiderato è quella che ha tolto di mezzo il qualificato leader di un governo di unità nazionale dai compiti urgenti e internazionalmente complessi. La storia insegna, ma a chi? Fin dall’antichità, ogni cultura si è confrontata con la necessità di governo praticando numerosi modelli. Ciascuno ha dimostrato la propria insufficienza, ha invariabilmente dimostrato i limiti congeniti al costituirsi di gruppi chiusi governativi, sia democratici che monocratici (come del resto già Machiavelli aveva precisamente individuato). Uscito in inglese nel 2020, La politica della virtù. Formare la persona e formare lo Stato nel Rinascimento italiano di James Hankins (Viella, traduzione Stefano U. Baldassarri e Donatella Downey) è ora disponibile in italiano. Un corposo testo che descrive ed auspica una selezione della classe dirigente ottenuta mediante una formazione politica virtuosa, elitaria e meritocratica al pari delle proposte d’intenti degli umanisti italiani. Recensione di Gabriele Pedullà sul Domenicale de il Sole 24 ore.
Il volume della storica Gabriella Piccinni intitolato Operazione Buon Governo. Un laboratorio di comunicazione politica nell’Italia del Trecento (Einaudi) si rivolge al periodo immediatamente precedente l’Umanesimo. E particolarmente alla città di Siena, il cui gruppo dirigente aveva perfettamente individuato le caratteristiche, i sintomi e le conseguenze dell’opera del governare. Sono sintetizzate nel mirabile e celebre ciclo di affreschi del senese Ambrogio Lorenzetti Allegoria ed effetti del Buono e del Cattivo Governo, conservato nel Palazzo Pubblico di Siena. Attualmente, l’affresco è soggetto a restauro ma sarà aperto al pubblico già dal prossimo ottobre. La recensione del volume è di Amedeo Feniello e si trova su La Lettura del Corriere della Sera.
La storia insegna a chi è sostenuto e intimamente motivato da un interesse genuino e profondo per la conoscenza, dote tutt’altro che frequente. Ciononostante, nella nostra società sono presenti intellettuali altamente qualificati come, ad esempio, Gian Biagio Conte, filologo e docente emerito di Letteratura latina alla Normale di Pisa. È salda e convincente, fondata sulla consapevolezza dell’esperienza approfondita, la sua opinione. Non ha timore di scagliarsi contro l’attuale, tendenziosa cancel culture, contro il sistema di valutazione quantitativo dell’attuale istruzione scolastica, contro il neoliberismo istituzionale, mode passeggere ma inesorabilmente nefaste come i tramontati decostruzionismo e post-modernismo tardonovecenteschi. Tutte correnti che, aggirando il rigore della fatica filologica, incoraggiano l’arbitrio interpretativo legato ad un prosaico interesse immediato e privo di prospettiva futura. Numerose le pubblicazioni a suo nome, l’ultima delle quali I diritti della filologia (e i doveri dell’interprete) pubblicato da Salerno Editrice. Su La Lettura possiamo leggere una lunga ed interessante intervista di Nuccio Ordine a Gian Biagio Conte.
Il nostro capillare sistema di informazione privilegia le sostituzioni, orientando con energia le tendenze dei più: nessuno più cerca un Maestro, ci si riferisce compulsivamente all’”influencer” o al “coach” visto che non ci si identifica più con il Discepolo, ma si è ormai convinti “followers”. «Si è rotto il patto tra le cose e le parole. La parola non gode di buona salute, ridotta a chiacchiera e barattata come merce qualunque», esordisce così Francesca Nodari nella sua recensione al volume Benedetta parola. La rivincita del tempo di Ivano Dionigi (il Mulino) che leggiamo sul Domenicale. Continua sottolineando: «Si pensi ai tanti neologismi (sostitutivi): “legge di mercato” per “sfruttamento”, “flessibilità” per “disoccupazione”, “economia sommersa” per “lavoro nero”». E si potrebbe continuare pensando ai “ciclomotori” spacciati per “biciclette a pedalata assistita”, e di auto “e-mobility” che dovrebbero prendersi cura dell’ambiente, ma che in realtà (insieme ai ciclomotori) costituiscono l’ennesima montagna di inquinanti rifiuti plastici, metallici e chimici. Gli esempi si susseguono, raggiungendo sfere di importanza sociale crescenti rendendo impellente la necessità di un’ecologia linguistica, oltre che ambientale. Oggi è il momento, afferma Dionigi, «in cui tutti dovremmo contestare, ossia essere insieme (cum) testimoni (testis)».
E prendere posizione, in ragione di necessità autentiche, di un’ecologia personale, sociale e culturale come quelle che hanno spinto Alba Donati ad aprire una libreria nel suo paese natale, il piccolo borgo lucchese di Lucignana. Andrea Kerbaker presenta sulle pagine del Domenicale il libro che racconta questa minuta ma forte avventura di vita vera, La libreria sulla collina di Alba Donati (Einaudi).
È un linguaggio che onora la verità di cronaca storica, quello del libro Una storia vera di Nicola Fennino (Edizioni Industria & Letteratura). Mentre conduce una ricerca di carattere antropologico, Fennino si imbatte nella paradossale vicenda di cui è stata vittima la frazione campana di Castelnuovo al Volturno e decide di raccontarla. Piergiorgio Paterlini presenta il libro su Robinson de la Repubblica.
Ed è un linguaggio al servizio della fantasia, quello di Il Tullio e l’eolao più stranissimo di tutto il Canton Ticino di Davide Rigiani (Minimum Fax, illustrazioni Patrizio Marini). «Il fantastico dell’eolao» afferma Stefano Bartezzaghi presentando il volume su Robinson «è del genere surreale, quello del Maestro e Margherita (Il Maestro e Margherita, Michail Bulgakov) o del Marziano di Flaiano (Un marziano a Roma, Ennio Flaiano), in cui il reale a cui ci atteniamo convenzionalmente nella vita quotidiana è strappato da un elemento immaginario che vi si colloca all’interno».
Fantasia linguistica, e non fantascienza letteraria come quella teorizzata da Valerio Evangelisti nella raccolta di saggi Le strade di Alphaville. Conflitto, immaginario e stili nella paraletteratura (Odoya, introduzione e cura Alberto Sebastiani). Ampia presentazione di Vanni Santoni su La Lettura.
Un’astrazione fantascientifica che consente obliqui, rivelatori punti di vista sul reale, una letteratura di tradizione ottocentesca che potrebbe addirittura sconfinare con il Romanticismo di E.T.A. Hoffmann. Il libro Automi, bambole e fantasmi (L’Orma Editore, traduzioni Eva Banchelli, Simone Costagli, Alessandro Fambrini, Matteo Galli, Riccardo Morelli) raccoglie sei racconti fantastici di Hoffmann, in cui l’universo immaginifico si confronta con l’ignoto dell’interiorità psichica. Recensione di Orazio Labbate su La Lettura.
Saremo travolti dagli effetti del riscaldamento globale se non comprenderemo il funzionamento delle grandi foreste per pretenderne la protezione e non, come ora accade, l’abbattimento causato dall’industria agroalimentare e dagli allevamenti intensivi. Sono cinque le foreste superstiti: Amazzonia, Congo, Nuova Guinea, Taiga e Nord America, le guardiane della nostra vita. Le protagoniste di Sempre verdi. Salvare le grandi foreste per salvare il pianeta di Thomas Lovejoy e John Reid (Einaudi, traduzione Antonio Castro). La documentata recensione è di Stefano Mancuso e si trova sulle pagine di Robinson de la Repubblica.
Andrea Oddone Martin
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