Rassegna Stampa Libraria – 26 giugno 2022
Quale rapporto di continuità tra leggere e scrivere? In Italia, a giudicare dalla quantità di lettori e dal numero di libri che vengono pubblicati, proprio nessuno. Sarà che le ragioni dello scrivere divergono da quelle del leggere, anche se non potremo affermare che una scrittura di qualità possa prescindere da letture di qualità e, soprattutto, dalla qualità del lettore/scrittore. Si può certamente scrivere senza essere un lettore, e le ragioni di questa che potremo definire “spinta primordiale indifferenziata” a lasciare traccia di sé vanno di pari passo con la dimensione psichica che ci caratterizza. Nel romanzo Vantaggi di viaggiare in treno (Polidoro Editore, traduzione Raul Schenardi), uscito nel mondo nel 2000 ma in Italia oggi, Antonio Orejudo filtra le ragioni del raccontare con il DSM (Diagnostical and Statisticals Manual of Mental Disordes, il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali). Scopriamo così che «Lo schizofrenico ha una tendenza piuttosto marcata a raccontare la propria vita» mentre, invece «Il paranoico è sempre attento agli stimoli esterni, fra i quali stabilisce collegamenti erronei». L’autore afferma di rifarsi alla grande tradizione inaugurata dal Don Chisciotte di Miguel de Cervantes, rivelando così i tratti della propria paranoia. La recensione è di Pablo Maurette e la troviamo sulle pagine di Robinson de la Repubblica.
Il nome di Lucette Destouches nata Almansor si impone principalmente per la vicenda legata ai manoscritti inediti del marito saccheggiati nel 1945 dalla resistenza francese, e tenuti volutamente nascosti fino alla morte di lei nel 2019. Ma in realtà, la terza moglie (seconda, per la legge francese) di Louis-Ferdinand Céline non è un personaggio secondario nel romanzo della loro vita coniugale e ne riscopriamo i tratti nella biografia romanzata scritta dalla persona che la affiancò per vent’anni, l’amica tuttofare Sandra Vanbremeersch. In Buongiorno, Madame Céline (Corbaccio, traduzione Marta Morazzoni) non si parla mai di Louis-Ferdinande, ci si immerge invece nell’atmosfera elitaria ed originale di una persona fuori dal comune come Lucette. Recensione di Daria Galateria su Robinson.
Gli scorci personali che fonti alternative alle opere ufficiali permettono arricchiscono, con le dovute cautele, i profili biografici e di pensiero degli autori. Gli epistolari sono sempre stati fecondi in questo senso, giacimenti di cui l’epoca digitale ci ha privato definitivamente. Sono però ancora disponibili gli epistolari del passato, come la selezione di missive di Stefan Zweig curata da Marco Federici Solari, intitolata La parte d’ombra delle cose. Lettere di un umanista impenitente (L’Orma Editore). Recensisce il volume Tommaso Munari sul Domenicale de il Sole 24 ore.
È una “fuga senza fine” quella che si snoda tra le pagine de Il giardino di marmo di Alex Taylor (Edizioni Clichy, traduzione Giada Diano), la prima prova narrativa dell’autore restituisce l’atmosfera sociale di un’America lontana dai grandi centri urbani, dalle città blasonate, dove la “legge del più forte” tutt’ora regna sovrana senza dissimulazioni ipocrite. Recensione di Marco Onnembo sul Domenicale.
Pure il successo delle narrazioni cosiddette gotiche, poggia sullo strato culturale popolare che si è formato tra Medioevo, Controriforma e Modernità e che tutt’ora informa la coscienza di larghi strati di persone. Bere dal cranio umano e virtù rigenerative del sangue, meglio se giovane ed estratto in primavera, non erano a quei tempi trovate registiche horror bensì confermate teorie medico scientifiche. Su questi reali antefatti della nostra storia poggia la suggestione che ancora ci scuote ed ha determinato narrativa leggendaria quale, ad esempio quella del vampiro, dell’eternità che il sangue gli conferisce, etc. Si allinea al genere La stirpe e il sangue di Lorenza Ghinelli (Bompiani, illustrazioni di Darkam) e viene recensito da Orazio Labbate su La Lettura del Corriere della Sera.
Un senso ilare dell’esistenza, la consustanzialità tra riso e dramma che trae origine dalla consapevolezza dell’insensatezza del tutto a petto della falce incappucciata e dell’eccezionalità della presenza, è la sostanza della narrativa di Bruno Gambarotta che ci conforta con il suo ultimo L’albero delle teste perdute (Manni Editori). La recensione è di Maurizio Crosetti e si trova su Robinson.
Ed è un romanzo di potere e di decadenza, di nobiltà e riscatto, di eternità e finitezza, contrasto tra passato e presente, Il Duca di Matteo Melchiorre (Einaudi). Un romanzo avvincente e malinconico, recensito da Alberto Manguel su Robinson e da Nicola H. Cosentino su La Lettura.
I climatologhi, i meteorologhi lo ripetono incessantemente (quanto inutilmente) da almeno trent’anni: per cause antropiche e non naturali si verificheranno importanti cambiamenti nell’ecosistema naturale, in primis tropicalizzazione, aumento del livello dei mari, siccità diffuse, scarsità se non assenza di precipitazioni. Questi fenomeni incideranno pesantemente sulla possibilità della sopravvivenza umana, ora è venuto il tempo di assaggiare le conseguenze della diffusa indifferenza al tema e del perdurare di pratiche nocive. La centralità dell’acqua in ogni manifestazione vitale è riconosciuta fin dai tempi più antichi, non è secondario il rilievo sacro che tradizionalmente le viene conferito. Nel libro Oceano. Filosofia del pianeta di Simone Regazzoni (Ponte alle Grazie) ci si sofferma sulla prevalenza dell’immagine solida della terra rispetto alla instabile immensità liquida nella visione della civiltà occidentale. Recensione di Massimo Recalcati su Robinson.
I due libri che Gino Ruozzi presenta sul Domenicale ci avvicinano letterariamente e culturalmente alla natura, agli animali. Si tratta del tributo poetico Animali in versi di Franco Marcoaldi (Einaudi) giunto già alla sua riedizione, ampliata; e de Gli insetti di tutti di Enrico Sturani (Barbieri Editore), un voluminoso e articolato testo di ricerca, curiosità e raffinatezza editoriale.
Ricordate l’”effetto Manzoni”? Imposto con insistenza nei programmi scolastici, il romanzo storico I promessi sposi viene costantemente relegato, con il suo autore, nel dimenticatoio delle noiosità. Ogni lettore che invece ha avuto la ventura di immergersi nel romanzo indipendentemente dagli obblighi scolastici, ne ha spontaneamente riconosciuto il valore e la bellezza. Carlo Emilio Gadda, Umberto Eco si possono annoverare tra gli ammiratori di quest’opera di Alessandro Manzoni. Un altro vertice della letteratura e del pensiero nostrani, il cui lascito immenso soffre della medesima sindrome, è Giacomo Leopardi. A rinfrescare l’attualità e la profondità, anche nel rapporto tra civiltà e natura, dell’opera del Recanatese ci pensa il volume Leopardi e la filosofia di Remo Bodei (Mimesis, cura di Gabriella Giglioni e Gaspare Polizzi). Troviamo significanti stralci del volume in uscita sulle pagine del Domenicale.
Oggi sono approfondimenti necessari, in virtù del fatto che urgono (e non è un eufemismo) soluzioni dall’occhio lungo, che prendano mossa da cognizioni complesse, culturalmente approfondite e che nella loro auspicabile lungimiranza soppesino con cura i condizionamenti, le possibilità, le imperfezioni del mondo. È sempre stato così? Nelle intenzioni sicuramente, in quello che poi si è realizzato certamente no. Nel titolo Sotto un cielo bianco. La natura del futuro (Neri Pozza, traduzione Raffaella Vitangeli) la giornalista scientifica Elizabeth Kolbert raccoglie una serie di dossier riguardanti le conseguenze di una svariata serie di interventi di risoluzione in ambito naturalistico. Recensione di Fabio Deotto su La Lettura.
Spesso la convenzione si trasforma in normalità, viene vissuta come unica possibilità e la parte sagace della nostra intelligenza viene spesa per cogliere l’allineamento conformista. Anche la disponibilità a considerare punti di vista alternativi per aver la possibilità di discernere, del resto, è il frutto della disciplina. Ce lo insegna il burbero e arguto Jonas, personaggio inventato dalla finlandese Tove Jansson in Campo di pietra del 1984, riproposto oggi da Iperborea (traduzione Carmen Giorgetti Cima). La recensione è di Alessandra Iadicicco su La Lettura.
Una dimensione libera sembra prerogativa esclusiva dell’infanzia, nel romanzo Giochi proibiti di François Boyer (Adelphi, traduzione Maurizio Ferrara) i due ragazzini sopravvivono alla durezza, alla crudeltà insensata degli adulti costruendosi autonomamente una mitologia che non rinuncia alla propria vocazione difensiva. Recensione di Cristina Taglietti su La Lettura.
Una certa idea educativa ha sempre avversato la parte inventiva, libera e fantasiosa dei bambini rendendola oggetto di “correzione”, mentre appoggiava e plaudeva una “vivacità” incanalata, imbrigliata, convogliata su binari che permettessero l’esercizio del controllo, del giudizio sull’eventuale abilità dimostrata. Oggi, fortunatamente, sappiamo quanto errata fosse quella posizione educativa e quanto importante sia per il bambino mantenere ed alimentare quell’universo fantastico, autonomo, libero dell’Io. Lo spiega con dovizia Fabrizio Silei, autore de Il libro bugiardo (Uovonero) sulle pagine di Robinson.
Subissati da “post” di fotografie di cibo, da trasmissioni televisive che confrontano presunte abilità culinarie di noti e ignoti personaggi per un giorno, di rigorosi rimbrotti e dolorose “eliminazioni” da parte di cuochi o, meglio di chef, ma che dico: di Master Chef, di Executive Chef, etc. siamo destinati alla povertà e a travisare inesorabilmente il significato del cibo, del piacere del cibo, che è notoriamente culturale. Ci pensa il semiologo Gianfranco Marrone a riportarci sulla giusta rotta, con il suo Gustoso e saporito (Bompiani). Un volume importante, che ribadisce la primaria complicità bivalente tra la cucina madre e lingua madre: dimmi cosa mangi, e ti dirò chi sei! La recensione è di Marino Niola e si trova su Robinson de la Repubblica.
Andrea Oddone Martin
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