RECENSIONE – André Schiffrin “Editoria senza editori”
Nell’appena trascorso 2019, l’editrice Quodlibet ripubblica il titolo Editoria senza editori di Andrè Schiffrin. Fu pubblicato in Italia nel 2000 da Bollati Boringhieri, ed è il primo di una serie di quattro successivi. Certamente, al momento della prima realizzazione, l’autore non ne aveva previsto una continuazione articolata ma, come spesso accade per gli scritti che originano da un’esigenza impellente di riflessione e testimonianza, a loro volta seguono lo svolgersi e l’ampliarsi della riflessione, prendono la mano e si impongono nelle loro dimensioni necessarie. E così, dopo Editoria senza editori nel 2006 compare, sempre presso Bollati Boringhieri, Il controllo della parola; a seguire, nel 2009 presso le edizioni Voland il titolo Libri in fuga: un itinerario politico da Parigi a New York e, nel 2010 sempre presso Voland, Il denaro e le parole.
Andrè Schiffrin è nato a Parigi nel 1935 ed è mancato sempre a Parigi nel 2013.
Figlio di Jacques, a sua volta editore e fondatore della Biblioteca della Pléiade (rilevata poi da Gallimard in una maniera che ci ricorda la triste vicenda di Gutenberg e del suo prima socio e poi opportunista Johann Fust), ha dedicato tutta la sua vita all’editoria, soprattutto all’editoria americana dal momento che la sua famiglia è stata costretta ad emigrare per le persecuzioni antisemite.
Editoria senza editori è un testo di genere composito: si colloca fra l’autobiografia, il pamphlet, la riflessione, la proposta critica, la testimonianza. Leggendolo, si ha l’impressione di attraversare assieme a Schiffrin il Novecento editoriale del dopoguerra, dalla creazione di case editrici a conduzione per lo più famigliare, culturalmente motivate, numerose, professionalmente agguerrite ed appassionate, al management prossimo all’attualità che si occupa finanziariamente dell’editoria, sprovvisto ma disinteressato culturalmente, globalizzato e progressivamente bulimico.
Il percorso è avvincente, pur nello sconforto, perché chi ci conduce per mano ha perfettamente coscienza di ciò che racconta, per esperienza diretta e in dettaglio. Per cui le vicende delle case editrici non viene disgiunta da una descrizione funzionale dell’avvento delle librerie di catena, delle problematiche della distribuzione, della scomparsa delle librerie indipendenti, garanzia di varietà culturale, dell’estinguersi di competenze che, in una realtà che ha fatto della distorsione la normalità, non si rivelano “utili per l’utile” e quindi ignorate e debellate, della polarità best seller/letteratura.
Ci colpisce la lucidità con la quale Schiffrin affronta la questione della commerciabilità dei titoli: riesce infatti a dimostrare quanto l’asserto “libri difficili = pochi lettori, libri facili = tanti lettori” sia fallace. Egli infatti, nella sua lunga e importante carriera ha esperito l’esistenza di un’esigenza diffusa di conoscenza e di cultura che, se corrisposta da un’offerta all’altezza, si manifesta spontaneamente. Del resto, Arnoldo Mondadori affermava spesso uno dei fondamenti del suo interpretare il ruolo di editore nella frase: «non è il lettore che cerca il libro, ma è il libro che trova il lettore».
Un pregio di rilievo del testo è che, in piena indipendenza personale, non rinuncia a pronunciare nomi e cognomi, identificando precisamente le persone, i gruppi finanziari, i politici, gli editori, i manager e tutti i protagonisti, consentendo al lettore di precisare immediatamente le proprie considerazioni e di formarsi un’opinione aderente la realtà descritta. Su tutti gli aspetti, prevale la dimensione di denuncia. Una denuncia che vuol essere strenuamente costruttiva, una denuncia che vuole avvertire le menti della comunità civile, che si rivolge e sottolinea le incompatibilità di una certa corrente interpretativa del ruolo editoriale e la sua fondante ragion d’essere, storicamente determinata e più che confermata.
L’edizione di Quodlibet del testo di Schiffrin comprende un’incorniciatura fornita dalla classica presentazione dello storico, sociologo e curatore editoriale Alfredo Salsano e da uno scritto di Andrea Cortellessa. Nella presentazione, Salsano introduce gran parte degli argomenti trattati da Schiffrin, ambientandoli nell’ambiente nostrano, dato che “tradizionalmente” dal secondo dopoguerra, dimentichi di noi stessi, troviamo acriticamente ispirazione nelle tendenze USA, anche quelle autolesioniste e/o peggiorative: e così stiamo facendo nell’editoria, nonostante le evidenti conseguenze. Ma è con la postfazione Benvenuti nel deserto reale che Cortellessa ripercorre, da testimone partecipe, le vicende editoriali italiane. Ne produce un resoconto i cui argomenti incrocia con quelli di Schiffrin e di altre numerose pubblicazioni sulla “fenomenologia editoriale”, ma non solo. In ultima istanza si sofferma giudiziosamente sul concetto di Qualitas, che introduce così: «i libri da leggere con lentezza sono libri speciali. Che risolutamente si sottraggono alle mode, ai format industriali, alle “tendenze” da rotocalco, alle urgenze attualizzanti della “cultura” da dopotiggì. Sono insomma, appunto, libri di qualità».
Andrea Oddone Martin