RECENSIONE: David Batchelor “Cromofobia, storia della paura del colore”
Si avverte ad ogni riga che David Batchelor non è soltanto un critico e uno scrittore ma anche un artista. Lo si percepisce dal tono rapito e appassionato di chi conosce ed ama ciò di cui si sta parlando al punto che, questa singolare e avvincente storia della paura del colore, si trasforma nel suo contrario, in cromofilia. E si scopre che a scagliarsi contro il colore è sempre stato soprattutto l’Occidente che ha sistematicamente coltivato nel proprio seno questo pregiudizio, fino a identificare il colore con la corruzione e la Caduta. «Non credo sia esagerato dire – scrive Batchelor – che fin dall’antichità, nell’Occidente, il colore è stato sistematicamente tenuto ai margini, vilipeso, sminuito e degradato».
E non è certo l’unico a pensarla così; Jacqueline Lichtenstein in un suo studio su pittura e retorica dimostra che già in Aristotele le prove della cromofobia erano fin troppo evidenti: il colore, simile ad una droga, andava soppresso per lasciare il posto alla linea, unico luogo dell’arte ove riporre il pensiero. Da quell’infelice momento la discriminazione morale, razziale, sociale e sessuale nei confronti del colore ha indossato panni e fogge diverse. Basterebbe citare Kant che non concedeva al colore alcun peso estetico ma poteva, al massimo, figurare come qualcosa di gradevole, un ornamento, e che non aveva dunque accesso né alla sfera del Bello né, tantomeno, a quella del Sublime. Ma anche Rousseau non risparmia biasimo e veleno al povero colore, schiavo del disegno e che senza il suo padrone non avrebbe vita, né anima, né bellezza. A rincarare la dose arriva poi Charles Blanc, critico e teorico che nell’Ottocento scrive parole di fuoco contro il colore ch’egli considera «la caratteristica peculiare delle forme inferiori della natura, mentre il disegno diventa il mezzo di espressione, tanto più dominante quanto più in alto saliamo nella scala dell’essere». Identificando il colore con il femminile egli ne propugna la sottomissione e l’obbedienza al maschile, ovvero al disegno e alla linea; al di fuori di questa sottomissione non ci sono che rovina e caduta, instabilità, perdita di controllo e del sé. In modo più esplicito, Aldous Huxley registra gli effetti prodotti dalla mescalina strettamente legati al colori. Mezz’ora dopo aver assunto la droga, lo scrittore avanza in un universo inondato di colore, tra superfici rosse vibranti, libri color smeraldo, oggetti incandescenti di colore: uno stato di grazia con tinte che esplodono ovunque. In tutto simile a quanto scrive Le Corbusier in Viaggio in Oriente, che di fronte al colore, carezza ed ebbrezza dell’occhio, vede lo spazio dilatarsi e crollare: «Si finisce ubriachi, senza possibilità di reazione». Per Baudelaire il colore è in grado di pensare e sognare, per Huysmans esso ha vita propria, per Barthes il colore agisce, lacera.
«Che siano cromofobe o cromofile, c’è di solito qualcosa di apocalittico in queste storie del colore. Qualcosa di pericoloso», annota Batchelor che continua la propria indagine appassionata arrivando alle teorie minimaliste, alla pop art, all’architettura, passando per il cinema. Le pagine dedicate all’analisi di film quali Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders, o Il corridoio della paura di Sam Fuller, Ivan il Terribile, di Ejzenstein o Pleasantville di Gary Ross portano inevitabilmente con sé una riflessione sul rapporto tra colore e linguaggio. E’ qui infatti che si delinea un sorpasso del colore sulla parola; quando la lingua non basta il colore si fa più esauriente. Tanto più il silenzio si fa pressante tanto più esplode il colore. Lo scrittore Dave Hockey rintraccia nell’utilizzo del colore una soluzione all’incapacità, al limite spesso percepito dalla parola e dallo scrittore di esprimere qualcosa.
Siano cromofobe oppure cromofile, le due posizioni teoriche pongono comunque al centro delle loro speculazioni l’importanza e l’alterità del colore. Ma non sarà allora vero il paradosso espresso da Batchelor, cioè che la cromofobia altro non è che cromofilia senza colore?
Patrizia Parnisari
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David Batchelor
Cromofobia, Storia della paura del colore
traduzione di Michele Sampaolo
Paravia Bruno Mondadori Editori
Milano 2001
Brossura
105 x 170 x 15 mm
153 pp + illustrazioni
155 gr
ISBN 9788842497684
€ 11,36 (£ 22.000)