RECENSIONE: Ernesto Ferrero “Album di famiglia”
Non è la prima volta che Ernesto Ferrero si concentra sulle figure più importanti della casa editrice Giulio Einaudi editore; già ne I migliori anni della nostra vita (Feltrinelli) Ferrero raccontava delle personalità centrali nella storia dell’Einaudi. Ernesto Ferrero è entrato in Einaudi già nel 1963 e fino al 1989 ne ha condiviso le vicende. Vicende importanti per la cultura italiana del secondo Novecento. Infatti, i componenti delle redazioni einaudiane sono stati tutti cavalli di razza, una selezione delle più brillanti e vive menti dell’Italia intellettuale del periodo.
Di “acqua sotto i ponti”, Ernesto Ferrero ne ha vista scorrere molta, anzi moltissima. E non solo all’Einaudi, dal 1989 ebbe incarichi alla Bollati Boringhieri, di seguito presso Garzanti e poi Mondadori. Per diciotto anni diresse il Salone Internazionale del Libro di Torino. Album di famiglia (Einaudi) è una raccolta di ritratti di persone che hanno svolto un ruolo importante nell’editoria, i ricordi personali di un testimone presente all’epoca dei fatti ed ancora tra noi. Venati come sono di malinconia positiva, potremmo dire che si tratta di una serie di coccodrilli.
Cos’è un coccodrillo? Nel linguaggio giornalistico sono così denominati i necrologi di personalità prossime a scomparire. Invece, queste testimonianze accurate sono molto di più. Sono ritratti avvolgenti, evocativi. Condotti da una sensibilità votata alla precisione, al dettaglio, all’umanità, alla dimensione psicologica. Classicisti per le personalità di perfezione ideale, di un morbido vigore per quelle più estroverse ma con misura, di intensa forza per personalità irriducibili ed energiche. Anche lo stile letterario tende di volta in volta a conformarsi alle memorie di Ferrero «… in uno di quei salti all’indietro cui la vecchiaia ricorre sempre più spesso, non aveva dimenticato …», si giunge in un caso alla missiva. Sono ritratti di straordinaria vitalità, di ricerca introspettiva.
Cercano, nella scrittura acuta ed intelligente dell’autore, un rapporto diretto con il lettore, ad esempio indugiando nell’intimità domestica. Ed è così che vediamo stemperato il profilo severo di Norberto Bobbio: «La sua opera era La traviata, andava volentieri al Regio, ancora gli ultimi anni canticchiava i motivi più popolari. Gli piaceva l’umorismo surreale di Achille Campanile. Tifava Juventus, con moderazione. Goloso di dolci, una vera passione per il cioccolato e la marmellata di fichi che gli confezionava Valeria». Soprattutto quindi, la dimensione umana di coloro che a noi appaiono tutt’ora i veri miti dell’editoria. Tra loro usavano degli appellativi, delle mende, dei soprannomi: «Erano sempre grandi discussioni. Con Mila c’erano Cesare Pavese detto Cesarito o Zio, oppure il Barone, Leone Ginzburg detto Agenzia Tass perché era russo e sapeva tutto, Norberto Bobbio detto Bindi, Vittorio Foa, Ludovico Geymonat …». Una scrittura esclusiva ma confidenziale, fraterna, accogliente, calda, dalla metafora felicemente poetica, come quando Bruno Munari presentava le proposte grafiche delle copertine: «apriva le sue cartelle e sistemava i bozzetti con la cura di una madre che dà l’ultima sistemata al vestito della figlia che va sposa».
Per non ingenerare pregiudizi di classifica, Ferrero evita la lista e raggruppa le persone in categorie esemplari, abbiamo così: i prediletti, i capitribù, i padri nobili, gli zii sapienti, le signore di ferro, maghi e funamboli, cari agli Dèi, gli inquieti, compagni di banco, mattatori. Compagnie, staff, team omogenei in cui incontriamo tra gli altri, i capitribù: Erich Linder, Paolo Boringhieri, Luciano Foà, Giulio Einaudi, Inge Feltrinelli, Roberto Calasso, Livio Garzanti, Elvira ed Enzo Sellerio. I maghi e funamboli: Gianni Rodari, Bruno Munari, Fruttero & Lucentini, Tullio Regge, Guido Ceronetti. I mattatori: Renato Guttuso, Pier Paolo Pasolini, Cesare Garboli, Umberto Eco. E così via.
La memoria di un presente già contemporaneo, Natalia Ginzburg «aveva cominciato a scrivere sui giornali all’inizio degli anni Sessanta, quasi controvoglia, per sperimentare ritmi di scrittura che non fossero quelli del romanzo, e misurarsi con il suo tempo che le era diventato insopportabile, come sfigurato da una coltre di funghi maligni. Profetizzava che avrebbe vinto il modello Carosello, il consumismo ebete. A proposito dei giovani sessantottini, si chiedeva se non fosse strano che fossero tutti figli di ricchi. […] Nella grigia prudenza, nel conformismo che avvolgeva anche la società letteraria, prendeva posizione, caricava a testa bassa, sola contro tutti. Detestava l’ipocrisia del politicamente corretto, il bon ton fasullo, la complicità dei silenzi di comodo». Oppure la lucidità sagace di Franco Lucentini: «il mondo è lo sgangherato spettacolo di una compagnia di infimi guitti di cui si può e si deve in primo luogo sorridere, e perfino guardare con tenerezza. Tanto il mondo non cambierà mai, non può cambiare vista la prevalenza dei cretini».
La missione editoriale che informava l’attività della casa editrice di Giulio Einaudi fin dagli esordi, lavorando per il dopoguerra, quando la dittatura sarebbe terminata, considerando il libro lo strumento principe per la crescita civile degli italiani. Nella sua lunga attività editoriale, Giulio Einaudi non ha mai rinunciato al metodo, declinato sullo scontro dialettico interno. In un dialogo con Renato Guttuso, Giulio Einaudi affermava: «un editore serio, un editore progressivo deve rappresentare una realtà culturale e artistica nella complessità delle sue diverse espressioni, accompagnandola con un discorso critico coerente, non vantarsi mai e tantomeno cercare di imporre nulla». Un metodo che ha generato prolificamente, in maniera originale, spesso non compresa dall’accademia che però: «tutto quello che l’università poteva fare era accorgersi, dopo un po’, che i libri pionieristici di via Biancamano avevano una ricaduta didattica per i loro specialissimi pregi in fatto di una novità metodologica che sconfinava nella provocazione. Come ha scritto Walter Barberi, il metodo einaudiano coniugava l’impazienza emotiva e la probità artigianale».
Quanto ne avremmo bisogno oggi, di questo spirito. Alla fine, a vederli tutti insieme, raccolti nelle pagine di questo libro, assomigliano a tanti Dèi olimpici riuniti al servizio delle Muse sul loro sacro Parnaso.
Andrea Oddone Martin
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Ernesto Ferrero
Album di famiglia
Collana Frontiere Einaudi
Giulio Einaudi editore s.p.a. Torino 2022
Rilegatura cartonata fascicoli cuciti
141 x 222 x 26 mm
323 pp
430 gr
21,00 €
ISBN 9788806257989