RECENSIONE: Fabrizio Coscia “Nella notte il cane”
C’è un silenzio, una ferita del linguaggio, che sembra dividere il mondo animale da quello umano. Si tratta di un silenzio gravido di senso che va decifrato attraverso lo sguardo. È con il reciproco sguardo dunque, in assenza di una parola comune, che noi possiamo toccare l’anima e il pensiero delle creature che ci circondano. Lo sa bene Fabrizio Coscia che nel suo Nella notte il cane, verso tratto da una poesia di Sandro Penna, non si stanca di interrogarsi sul silenzio d’ogni animale e soprattutto del suo cane, Pedro: «Lo guardo fisso negli occhi, accostando la mia faccia alla sua, e lui ricambia a lungo lo sguardo, che – lo so – custodisce una verità essenziale. Imparare a decifrarla è ciò che mi ripropongo di fare». Un compito non facile ma sostenuto dalla certezza che «la sua muta animalità», indicherà la possibilità di esistere oltre le parole.
L’amore e la dedizione dell’autore verso questa creatura è il cuore del libro, ma tanti sono i cani famosi citati nella letteratura o protagonisti di interi libri; Coscia ricorda, ad esempio, le pagine di Franz Kafka, Indagini di un cane, in cui la bestiola dal significativo nome Maipiù, narra in prima persona i propri pensieri, opinioni e considerazioni. Oppure Cane e padrone. Un idillio di Thomas Mann, o i versi e le pagine dedicate a Carlo l’amato terranova di Emily Dickinson o il più famoso Argo di Odisseo. Tra le parole più belle, più dolorose e colme di pietà struggente ci sono quelle scritte da Louis-Ferdinand Céline, in Rigodon, per la sua Bessy. Le pagine dedicate a un dipinto di Goya, Cane interrato nella sabbia, sono senza dubbio rivelatrici di un destino animale, e umano, che avvicina Goya e Leopardi.
Ma se da un lato la vita testimonia amore infinito e protezione per gli animali da tanta parte del genere umano, dall’altro le atrocità perpetrate nei loro confronti fanno impallidire chiunque ne venga a conoscenza. Moltissimi sono gli spunti che questo bel libro ci palesa, ma un capitolo più degli altri, Poter guardare tranquillamente, merita uno sguardo ravvicinato e soprattutto partecipe, poiché lascia un segno profondo in chi lo legge. Coscia parte da una considerazione di Franz Kafka quando, in visita all’acquario di Berlino, guardando i pesci nuotare proferì, probabilmente con un senso di sollievo: «Adesso posso guardarvi tranquillamente, non vi mangio più». Kafka, da tempo, era diventato vegetariano. Fabrizio Coscia ricalca le orme dello scrittore praghese divenendo anch’egli vegetariano. Quale è stato il punto di svolta per questa scelta? Questa decisione si fece imperativo etico dopo aver guardato un documentario del 2018, Dominion, del regista australiano Chris Delforce. Nonostante il film sia abbastanza famoso, (è facilmente reperibile su YouTube anche in italiano) pochi hanno avuto la forza e il cuore di guardarlo fino in fondo. Il malessere che coglie fin dalle prime inquadrature è troppo forte. Riuscire ad attraversare quelle immagini fino all’ultimo è come attraversare l’Inferno, ma senza nessuno che ci guidi verso un paradiso o una redenzione. Sin dai primi fotogrammi ci rendiamo conto che ciò che vedremo non sarà facile da sopportare. Siamo inchiodati alla nostra malvagità, siamo paralizzati da ciò che siamo in grado di fare quando siamo assediati dal Male, come è accaduto tante e tante volte nella storia contro gli animali ma anche contro i nostri simili; il Male non fa differenze e non guarda in faccia chi o cosa gli si pari dinanzi agli occhi. La Storia si ripete, sempre uguale a se stessa, con gli stessi intenti e modalità: «camere a gas, sterminio di massa, torture, selezione, eliminazione di disabili, separazioni di madri dai figli portati a morire», elenca Coscia con dolore dopo aver guardato Dominion.
Nel filmato vediamo lunghe code di camion che deportano migliaia di animali stipati, compressi nel caldo (molti ne muoiono già durante i lunghi viaggi a causa delle condizioni terribili con cui vengono deportati). All’arrivo sono scaricati con forza e brutalità in enormi, luridi, capannoni e lasciati lì in attesa del loro destino senza luce, senza acqua, né cibo, sommersi dai loro stessi escrementi. Poi iniziano le vessazioni, le torture, gli orrori. All’arrivo agli animali vengono strappati tutti i denti, a causa dei frequenti atti di cannibalismo, affinché non si sbranino l’uno con l’altro. Poi, lunghe file per entrare nelle camere a gas prima del macello, spesso ancora coscienti. Gli allevamenti intensivi, i mattatoi, ma non solo questi, sono una perfetta macchina dell’orrore: i guardiani esercitano la crudeltà per la crudeltà, il sadismo per il sadismo. Le immagini che scorrono davanti ai nostri occhi non svelano neppure un attimo di pietà, anzi spesso i volti dei carnefici mostrano un riso compiaciuto quando brutalizzano i maiali con pungoli elettrici nell’ano o nelle orecchie, o li picchiano a morte con bastoni di ferro, o li gettano nell’acqua bollente o li lasciano dissanguare per ore fino alla morte, o quando schiacciano con i piedi i polli fino a farli scoppiare. Un continuo accavallarsi di atrocità che sembra non fermarsi mai. Lo stesso destino subiscono anche i cuccioli, che siano pulcini, maiali, vitellini. Proviamo rabbia e umiliazione, impotenza e un senso di soffocamento perché ciò che stiamo vedendo è tutto reale, mostruosamente reale e non lascia scampo. «A impressionarmi sono stati soprattutto gli occhi degli animali, l’occhio del maiale, in primo piano con cui si apre il documentario, gli occhi dei pulcini ammassati in una scatola a gas,… quelli stupiti del cane colpito sulla testa con inaudita violenza… Sono gli occhi degli animali che ci guardano, e quello che vedono è il Male incarnato dall’ uomo..». Quella di Fabrizio Coscia è una vera e propria protesta etica e politica, come ha lui stesso affermato in una recente intervista. Per questo ci invita ad uscire da un’ottica antropocentrica, unico passo possibile verso un sentiero fatto di pietas che deve condurci a proteggere questi esseri che più di noi sono indifesi. Ma, ci esorta Coscia, c’è bisogno di qualcosa in più, di una profonda nemesi. L’uomo si è impegnato a fondo nel fare del male agli animali e a tutta la natura, devastando le risorse del pianeta. Ora però ci presenta il conto. Siamo stati tracotanti, presuntuosi: «La tracotanza – scrive l’autore – è un sacrilegio, nel senso letterale del termine, ovvero una depredazione del sacro». E quando la sacralità della vita viene così duramente devastata e derisa in nome di un qualsivoglia profitto la natura prende la propria rivincita.
Molti sono nella letteratura i racconti e le narrazioni nelle quali gli animali, dopo aver subito atrocità, umiliazioni e ingiustizie da parte degli uomini riescono ad operare una nemesi perfetta in cui sarà lo stesso animale a riversale il male che ha subito sull’uomo. Gli esempi sono tanti ma ciò che li accomuna è che alla fine del racconto si mostra ai nostri occhi una qualche forma di giustizia e ci sentiamo liberati dalla nostra crudeltà e il nostro castigo diventa consolatorio. Tra i tanti esempi, ci sono i Delitti bestiali di Patricia Highsmith in cui ad ogni pena inflitta ad un creatura animale viene elargita una pena altrettanto dolorosa all’uomo.
In un breve racconto di Tommaso Landolfi, Un destino da pollo, due uomini discutono sul fatto che nel loro allevamento i polli sembrano crescere in modo anomalo, «da quando gli diamo da mangiare quella dannata roba, ormoni, o sa il diavolo, non è più la stessa cosa». Gli animali, infatti, diventano sempre più grossi, prepotenti e aggressivi fino a quando riescono a scappare dal pollaio. Una notte, nel fitto del bosco, i due uomini vengono catturati e imprigionati nella stessa rete usata per allevare con crudeltà i polli. Adesso è il loro turno. Un pollo di dimensioni inaudite e terrificanti, forse a causa dei troppi ormoni, con un primo colpo di becco gli porta via di netto una gamba… «poi l’uomo fece in tempo a vedere il terribile rostro abbassarsi vertiginosamente. E stavolta pareva aver aggiustato la mira». L’uomo resta stupito dall’espressione degli occhi del pollo: «non v’era alcuna ferocia, ma soltanto una sorta di curiosità divertita, quasi bonaria». Strana nemesi, divertita e bonaria ma pur sempre sanguinosa e crudele. Del resto, chi di spada ferisce…
Patrizia Parnisari
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Fabrizio Coscia
Nella notte il cane
Collana S-Confini
Editoriale Scientifica Napoli 2021
Brossura pagine incollate
120 x 185 x 10 mm
152 pp
200 gr
13,00 €
ISBN 9791259762016