RECENSIONE: Georgi Gospodinov “E tutto divenne luna”
8 Minuti e 19 Secondi, questo è il tempo che manca allo spegnersi del sole. Poi ogni cosa verrà sopraffatta da un’orrida oscurità. Cosa fare in quei pochi minuti che separano da una morte certa? Da sempre nelle pre-apocalissi c’è un grande tramestio di esseri in cerca di rifugi, bunker, ripari, cantine, come fosse possibile sfuggire ad un evento implacabile. Esiste una vera e propria lista, una graduatoria sempre aggiornata su quale sia stata fino ad oggi la migliore Fine del Mondo. Quella narrata dallo scrittore bulgaro Georgi Gospodinov sarà “La terza più bella Apocalisse del mondo” o almeno così asserisco gli abitanti della cittadina che si prepara a salutarla. Ha inizio il conto alla rovescia per assistere all’ultimo tramonto. E pensare che il Signor D.J. con la bellezza dei tramonti si è sempre guadagnato da vivere; ha esercitato il suo mestiere, pur bizzarro, in ogni angolo della terra per decretare di volta in volta, all’ora stabilita, quale fosse il miglior crepuscolo. Valutava l’intensità della luce, le piccole ombre o le imperfezioni, la nitidezza e i riflessi; un perfezionista, un vero esperto. Lo chiamavano da ogni parte del mondo. Ora avrebbe valutato l’ultimo imbrunire, sempre che questa benedetta Apocalisse si fosse verificata. Numerosi, infatti, sono gli scettici nella piccola città di Z. poiché nel mondo molti sono «sopravvissuti già a diverse apocalissi rimandate».
Nel volume di racconti di Gospodinov la Fine del Mondo ha sembianze sempre diverse. Ne I volti degli ultimi giorni un uomo suona una fisarmonica mentre osserva i passanti. Alcune domande lo assillano, si chiede: «quando arriverà la Fine i volti degli uomini saranno come ora? Saremo cambiati? Verrà dato un qualche segnale? E soprattutto, ci sarà abbastanza tempo per inventare una storia? Perché, è certo, quando saremo là ognuno di noi dovrà portare una storia con sé».
Nella desolante vicenda che dà il titolo all’intera raccolta, E tutto divenne luna, la fine forse è già avvenuta; per questo ora il mondo è così diverso. Si può vivere in qualunque parte dell’universo. Ma la terra si è fatta inospitale; Kastor P. ricorda quando ancora esistevano il profumo di un’acacia o il volo delle api, ma nella realtà nella quale ora egli vive le acacie sono in silicone, le api non ci sono più. Tutto è andato nella direzione contraria a quella che lui aveva desiderato. «Guardò in alto, perfino il cielo sembrava come cucito malamente dopo un’operazione di chirurgia plastica. Enormi macchie gialle erano prodotte dai fallimentari tentativi di rattoppare i buchi d’ozono schizzando particelle di zolfo nella stratosfera». In una realtà tanto innaturale, manipolata e falsa Kastor P. sente che per lui non c’è più posto. A settantanove anni decide di togliersi la vita. Ma la burocrazia lo raggiunge anche in questo desiderio. «Un tempo la gente moriva e basta, pensò con un certo rimpianto. Ora anche la morte aveva le sue formalità» e andavano espletate. Bisognava presentare una dichiarazione, presso l’ufficio “Ultimi desideri”, e spiegare come e quando si desiderava porre fine alla propria vita. Qualche mese dopo era obbligatorio tornare e riconfermare la decisione apponendo la data precisa nella quale si voleva rinunciare alla porzione di vita concessa: a Kastor P. spettavano, per legge, ancora cinquantacinque anni di vita. Troppi per un mondo siffatto. È sera, Kastor P. sta guardando la luna; è lì che sarà tra poco quando la vita terrena avrà fine e pensa: «Sai di che materia è fatto il Cosmo? È fatto di solitudine. Questa è la sua materia. E la solitudine è una sostanza volatile, che tende a riempire tutto lo spazio che la circonda».
Ed è questo il leit motiv di questi racconti: la solitudine. Ne L’alfabeto delle donne, un uomo cerca di contrastare il proprio vuoto possedendo il maggior numero possibile di donne ma in un rigoroso, ossessivo ordine alfabetico. In Adottarsi un padre, c’è tutta la straziante solitudine di Piccoletto, un bambino che vive in orfanotrofio. Desidera tanto avere un genitore ma dato che nessuno vuole prendersi cura di lui e portarlo via da quel posto allora sarà lui ad adottare un padre. Un giorno in fondo al cortile vede un grande castagno, alto possente, come dovrebbe essere un vero padre. Gli parla, lo abbraccia, diventerà suo figlio. Ma la crudeltà degli uomini è grande e il castagno verrà presto abbattuto. Orfano per la seconda volta, il bimbo passa di padre in padre fino a quando un giorno troverà due gattini abbandonati e decide che la sua ricerca è terminata. Ora anche lui è un padre.
La situazione in qualche modo si capovolge in un’altra storia, Una figlia. C’è qualcosa di sottilmente pirandelliano nel racconto di questa solitudine profonda e potente. Nello scompartimento di un treno un uomo di mezza età fa capolino con in braccio un fagotto. É un tipo mite, dal sorriso dolce e i modi educati. Il quel fagotto si cela una bambola. La prende sulle ginocchia, le parla con voce sommessa, la pettina. Di fronte a questa scena lo scompartimento si svuota, tutti sono sospettosi e contrariati. Non sanno che quella bambola è la sua unica figlia. Al posto del naso, un bottoncino rosa. È così quieta la bimba. Soltanto un uomo è restato lì a guardarla. «Come si chiama?» chiede. La piccola Maria ha soltanto cinque anni ed è molto timida per questo non risponde, spiega il padre. In un crescendo di tenerezza e comprensione reciproca i due uomini prendono a parlare della bambola. Sua madre non c’è più. Se ne è andata via «Siamo rimasti solo noi due», racconta il pover’uomo. Ed ora non sa come fare, la bimba fra poco rimarrà sola al mondo. Alla prossima fermata lui dovrà scendere ed entrare in ospedale. La sua malattia è molto grave e quasi sicuramente la sua ora è giunta. Che ne sarà della sua bambina? Ha provato a portarla in qualche istituto dove accolgono i piccoli rimasti senza genitori, ma nessuno la vuole. Mancano pochi minuti alla fermata e l’uomo raccoglie tutto il coraggio di cui è capace e chiede all’altro passeggero di prendere la bimba con sé. Lo rassicura, la piccola è molto tranquilla, non da problemi, non mangia neppure, ha soltanto bisogno di qualcuno che non la lasci sola e che le legga delle storie, qualcuno che sappia amarla. «Da allora sono passati due anni. Il padre morì il giorno dopo l’operazione. Maria ora ha 7 anni e, mentre finisco di scrivere questa storia, sta giocando sul pavimento vicino a me».
Patrizia Parnisari
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Georgi Gospodinov
E tutto divenne luna
Collana Sírin
A cura di Giuseppe Dell’Agata
Voland Roma 2022
Brossura fascicoli cuciti
146 x 203 x 13 mm
200 gr
144 pp
16,00 €
ISBN 9788862433532