RECENSIONE: Gian Luigi Beccaria “In contrattempo”

RECENSIONE: Gian Luigi Beccaria “In contrattempo”

Originario del Piemonte occidentale, Gian Luigi Beccaria mantiene il tratto elegante e garbato della sua gente. Classe 1936, una vita spesa al servizio appassionato della lingua italiana durante l’impegno universitario, in seguito come membro dell’Accademia della Crusca, dell’Accademia dei Lincei e dell’Accademia delle scienze di Torino. L’ultima di una lunga serie di pubblicazioni s’intitola, provocatoriamente, In contrattempo e si presenta con il sottotitolo esplicativo Un elogio della lentezza.

L’aspetto temporale che viene dichiarato dal sottotitolo segna la posizione che il nostro professore consiglia caldamente a tutti i lettori: praticare la lettura con adeguata lentezza, meglio se indugiante, meglio se rilettura. Il titolo principale manifesta la posizione di contrasto che gli assunti del prof. Beccaria propone assumono nei confronti del presente, assillato dalla prestazione, dalla velocità. Ma velocità, spiega Beccaria, corrisponde a superficialità, che può andar bene per la testualità corrente, povera di lemmi e sintassi ma ricca di omologanti sagome di faccette ridenti, piangenti, disperate tutte alla stessa maniera, ma non va certamente bene per la complessità della letteratura autentica, per i testi complessi, i classici. Paragona le opere letterarie a edifici costruiti laboriosamente dagli scrittori, dove lettori accorti trovano accoglienza e atmosfera domestica, nel momento in cui vi approcciano con tempo adeguato, umilmente, con attenzione, a cogliere le raffinatezze dell’ospitalità inconsapevole ed articolata dell’autore.

Beccaria auspica un atteggiamento filologico di avvicinamento al testo, l’unico che garantisca una maggior coerenza nell’interpretazione delle impronte formali, nelle peculiarità stilistiche, nei significati di emissione; il motivo per cui è stata scritta proprio quest’opera e proprio in questo modo, nel riconoscimento dei caratteri relazionali del testo, che si inserisce come un nodo di una rete complessa di rimandi ad altre opere, vicine e lontane, spesso molto indietro nel tempo.

Consapevole della non univocità dei percorsi interpretativi letterari, il professore suggerisce lentezze adeguate e riletture che dimostrino la molteplicità delle prospettive aperte da un’opera letteraria e dalle trasformazioni del suo attuale interprete. Quante volte ci sarà capitato che, rileggendo un libro letto già anni prima, siamo colpiti in maniera inedita dalle stesse righe, dalle stesse frasi, dagli stessi capitoli che prendono significati diversi perché ormai siamo diversi anche noi dalla persona che lesse a suo tempo le stesse righe.

La lentezza dovuta a lettori che hanno superato il primo livello, quello che Umberto Eco attribuisce a colui che vuole sapere se Achab riuscirà a catturare la balena bianca, oppure no. Lettori maturi, che resistono allo sfarfallio fantastico sobillato da suggestioni d’immagini che spingono la mente lontano dalle intenzioni del testo, che spesso non coincidono con quelle del suo autore ma allo stesso tempo non prevedono infinite interpretazioni, verso le «avventure gratuite della mente».

È impossibile perciò cogliere il senso globale se non ci si sofferma pazientemente sul tessuto sintattico del testo, sulle sue frasi, sui significati delle singole parole, punti congiuntamente illuminanti il testo nella sua interezza e impossibili in letture rapsodiche fulminee autoreferenziali, incapaci di formare il tessuto delicato ma robusto, di ordito frastagliato e spesso metafisico, irradiante.

La lettura buona, spiega il professore, «sia essa di base formale, sia essa contenutistica, sia essa ideologica, gravita pur sempre sulla responsabilità, sulla iniziativa, sulla sensibilità individuale del lettore». Un lettore responsabile, che si procura gli strumenti per letture plurime, non unilaterali o faziose, ma aperte e stimolanti perché la lettura è esperienza profonda e non distratto spreco di tempo. «La velocità – afferma Beccaria – è una macchina di dispersione dell’attenzione, annulla la capacità di concentrazione. L’indugio regala invece quel singolare senso del presente e del concreto» ed è in questa frase che viene distillata l’intenzione del titolo di questo librino tascabilissimo e colmo di calore, di passione.

Beccaria sollecita ad evitare le scorciatoie del manuale, delle etichette “catalogatorie” ed asfissianti, mentre incoraggia il soffermarsi sui significati del testo, delle parole, accompagnati dal vocabolario o da “Google” a precisare capillarmente significati attribuiti e impliciti: la regola è considerare il testo come un oggetto nuovo ed occuparsene direttamente, evitando l’appoggio di definizioni “precotte”. Pian piano, emergerà con sicurezza la verità dello stretto concatenamento fra opere letterarie, un concatenamento di mille rimandi, rifrazioni capaci di scavalcare i millenni e di riapparire in tutta la loro freschezza fra incipit e conclusioni, fra interpunzioni e figure retoriche, vocaboli e suoni.

Lentezza che costringe a “stare sul pezzo” per capire a fondo e correttamente testi antichi e moderni. Per seguire lo sviluppo di un pensiero spesso fecondo, che nel tempo supera le intenzioni dell’autore, legato alla sua contestualità. Si articola in stratificazioni culturali, collega universi di senso lontani nel tempo e nello spazio, ma non meno consistenti, che conferiscono l’orientamento necessario al nostro vivere.

La rapidità degli schermi, grandi o piccoli che siano, trasformano l’idea, il dialogo, in un flash subitaneo e transeunte, immagini speditamente sostituite da altre immagini, in una forzata frammentazione cognitiva, rimandano ad un’idea di realtà fittamente frazionata e continuamente soggetta a sostituzione. Una visione opaca ed uniforme, il sonoro indifferenziato del rumore bianco. Impossibile la concentrazione, impossibile guardare, resta un vedere distratto che occupa il tempo da dedicare alla parola. «Corriamo il pericolo – afferma Beccaria – di andare incontro alla perdita delle differenze, all’incapacità di riconoscere le gerarchie di valore. Ogni fatto, discorso, immagine, sembra acquistare senso solo per il fatto di apparire, di imporsi alla presenza in quel momento. […] È il trionfo dell’indistinzione». È il prevalere degli usi acritici che occupa inerzialmente la maggior parte del nostro tempo, che invece è prezioso.

Un prevalere che condiziona perfino l’atto della scrittura, con la conseguenza che «oggi, i narratori tendono a scrivere quasi tutti allo stesso modo. L’oralità in presa diretta prevale sulla scrittura allusiva e costruita». È sempre più faticoso far comprendere ai lettori, per la maggiore ostinati ai primi livelli qualitativi, che «un testo non si riduce alla vicenda narrata», e poi il professore accenna agli assoluti letterari: «La poesia è rinnovata da Leopardi nella qualità suprema di un atto misterioso che costruisce una catena addizionale di significanti che generano altri significanti e nuovi significati».

Luoghi da frequentare con lentezza debita, contrastando i ritmi dei tempi attuali, In contrattempo. Un piccolo grande libro.

Andrea Oddone Martin

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Gian Luigi Beccaria

In contrattempo, un elogio della lentezza

Collana Vele

Giulio Einaudi editore s.p.a. Torino 2022

Brossura fascicoli legati

106 x 180 x 10 mm

111 pp

100 gr

12,00 €

ISBN 9788806251567