RECENSIONE: Harold William Tilman “Mischief in Patagonia”

RECENSIONE: Harold William Tilman “Mischief in Patagonia”

Percorrere le pagine di un classico dell’avventura come Mischief in Patagonia di “Bill” Tilman comporta una sensazione di conforto, una inconsueta intima confidenza abitativa. E dire che l’autore pratica con naturalezza il tono di una socialità non estroversa, anche se amichevole. Si mantiene sul filo del resoconto, del sintetico “diario di bordo”, al più condito da una minima dose di ruvido cameratismo, da un pizzico di autentico humor inglese: su tutto prevale la dignità dell’understatement tipico di quel britannico intrepido. Infatti, la scioltezza con cui vengono definite situazioni che meriterebbero ben altra apprensione, conferisce allo scritto una statura coraggiosa, vi si traguarda un animo saldo e fiducioso. Si riconosce per intero la tempra di Bill Tilman, il segno dei suoi resoconti di viaggio testimonia la curiosità indomita dell’uomo, il coraggio, la lealtà umana, la volontà ma, su tutto ciò, prevale uno sconfinato amore per la vita.

Parrà singolare, ma uno dei tratti da cui traspare questa disposizione interiore di Tilman in Mischief in Patagonia è l’entusiasmo festoso con il quale l’autore tratta dell’argomento del nutrimento, del cibo. Che sia selvaggina di fortuna, pescato imprevedibile oppure pemmican, il momento dedicato all’alimentazione sulle pagine di Tilman si accompagna immancabilmente ad un tono lieto, grato e allegro. La clamorosa felicità dell’autore, l’inesauribile lietezza nel vivere, nell’aver vissuto intensamente nel mondo.

Scrive Tilman di una parte del versante alpino della spedizione: «La discesa nella foresta era stata un’esperienza bruciante, passata strisciando sotto rami acuminati, saltando sopra tronchi marci che cedevano, danzando sopra muschi stregati senza fondo, scivolando per rupi fradice, con le braccia come scimmie di ramo in ramo, senza veder nulla a parte giù. Ad un certo punto rimasi così avviluppato in un arbusto che disperai di riuscire ad uscirne». Oppure, mentre Mischief iniziava ad affrontare l’Oceano Pacifico: «Bene o male ci si abituava alla vista di un’immensità così selvaggia e furiosa, all’osservare il tumulto delle onde sull’orizzonte e a vederle sollevarsi enormi e rompere poco prima della poppa, per poi scivolare innocue sotto la chiglia. Ma era molto meno facile sopportare il continuo frastuono, l’incessante fischiare del vento nel sartiame che ad ogni raffica cresceva in un urlo furioso; meno facile ascoltare il sommesso borbottio di scricchiolii e gemiti che salivano dalla barca; meno facile ignorare il sinistro sibilo dei frangenti che, strappati dalle onde, spazzavano di continuo il ponte».

Nemmeno le più inclementi e rischiose asperità vengono descritte senza rinunciare all’intimo godimento, ad un giubilo interiore che fa il paio con il gusto per la vita. Scrive di un passaggio nei canali patagonici: «Il giorno seguente, mentre risalivamo verso Victory Pass [che immette nel Collingwood Strait all’estremo sud del Canal Sarmiento], arrivò il sole e il vento girò spingendoci allegramente attraverso il passo. Cupa grandiosità è un modo calzante per descrivere il carattere dei canali, ma basta un flebile raggio di sole per far scomparire ogni traccia di tetraggine. Quando il sole brilla l’aria diventa perlacea, le rocce coperte di muschio si riscaldano fino a sembrare antiche mura, le vette di granito luccicano e il grigio piatto delle colline esplode in un contrasto di luci e ombre, un patchwork di verde e giallo spruzzato dal porpora dell’ombra delle nubi. La tempesta regala l’aspetto solitario e selvaggio, il sereno la bellezza assoluta».

Nell’edizione che consultiamo sono presenti varie fotografie in b/n scattate da Tilman ma è consigliabile, durante la lettura di Mischief in Patagonia, tenere a portata di mano un dettagliato atlante geografico (o approfittare di Google Maps) e un dizionario nautico, per la terminologia marinara. Seguendo passo passo il procedere dell’avventura, la visione e l’immedesimazione verranno amplificate regalando autentiche emozioni.

Ma com’è che si presenta comunque la sensazione di una contiguità familiare, come si affermava poc’anzi? Quasi certamente perché il testo di Tilman ci riporta senza mezzi termini nella concretezza di una realtà vissuta, costituita da una tangibilità avversa a qualsiasi riduzione “digitale” e si dimostra resistente all’ammonimento del faraone Thamus al dio Theuth, citato nel Fedro platonico mentre propone al monarca l’invenzione della scrittura: «La scrittura produrrà oblio nelle anime di coloro che imparano: essi fidandosi dello scritto senza cura della memoria richiameranno la memoria dall’esterno, attraverso segni estranei, e non più dall’interno, da sé stessi: tu non hai scoperto un farmaco per la memoria ma per far ricordare».

Mischief in Patagonia conferma ad ogni riga la necessità esperienziale della conoscenza riconducendo la scrittura al proprio limite, inoltre nulla concede all’attuale e pervasiva deriva tragica, la cosiddetta “realtà virtuale”. È qui che finalmente ci ristabiliamo, riconoscendo il conforto della dimora.

L’edizione consultata è ricca di trascuratezza, i refusi sono frequenti in maniera imbarazzante, la traduzione è condotta in maniera particolarmente insufficiente (probabilmente risultato di una traduzione automatica revisionata con superficialità), il livello è dilettantesco. Tuttavia, la forza del testo di Tilman non se ne lascia minimamente scalfire, le immagini che vengono evocate scavalcano di gran lunga l’imperizia della cura editoriale.

All’apertura del libro, due meraviglie appaiono al bibliofilo: il mirabile contrasto tra l’oscurità profonda del font e la candida tonalità della texture cartacea di fondo nell’indovinata dimensione e interlinea; il formato e lo specchio dell’impaginato, vero esempio di geometria editoriale d’élite, un balsamo per gli occhi.

Andrea Oddone Martin

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Harold William Tilman

Mischief in Patagonia

Ego srl Torino

Rilegatura copertina rigida, fascicoli cuciti

157 x 216 x 27

680 gr

348 pp

25,00 €

ISBN 9788894291216