RECENSIONE: Herbert George Wells “Piccole guerre”
Siamo nel 1913, in Europa l’atmosfera è sempre più tesa. La Germania è pervasa da un’ondata di isteria nazionalista, il governo moltiplica gli investimenti nell’esercito; in Turchia torna al governo una compagine nazionalista, tra pause e riprese torna a ruggire la guerra nei Balcani; la Serbia e la Grecia si alleano con la Bulgaria ed entrano in guerra: la Romania dichiara guerra alla Bulgaria; in Italia governa Giolitti e i liberali, si tentano conquiste in Libia, il Futurismo strepita a più non posso. In quest’anno esce il primo numero della rivista Lacerba, fondata da Giovanni Papini e Ardengo Soffici. Sulle sue pagine si condurrà una battaglia dai toni spesso violenti contro ogni tradizionalismo, per una visione sostanzialmente anarchica: diverrà la voce dei futuristi e della loro ideologia di stampo essenzialmente antiumanistico.
Herbert George Wells ha quarantasette anni ed è già uno scrittore popolare quanto prolifico. Grazie a romanzi come I primi uomini sulla luna, La macchina del tempo, La guerra dei mondi, viene considerato l’inventore del genere fantascientifico. Sotto la sferza del vento dell’epoca, nel 1913 pubblica Piccole guerre, un soave e parodistico libricino. Avvalendosi di un linguaggio popolare, colloquiale al limite del domestico, Wells pone in opera il perfezionamento del gioco di guerra, così come viene praticato dai bambini. Comincia per caso a Sandgate, piccolo villaggio costiero nel Kent.
Dopo aver pranzato con un amico, una passione divorante trasformò gli adulti presenti in novelli Lemuel Gulliver, quando prese parte alla guerra tra Lilliput e Blefuscu. Com’è noto, al tempo in cui giunse Gulliver i due imperi erano impegnati da oltre trent’anni in una sanguinosa guerra. Tale carneficina fu avviata dalla disputa su quale parte dell’uovo dev’essere rotta per berlo, quella grossa oppure quella più piccola.
Notiamo la scelta tutt’altro casuale di Sandgate, che conforta la dimensione parodistica dello scritto. Il forte d’artiglieria presente nella cittadina, il Sandgate Castle, fu edificato da Enrico VIII tra il 1539 e il 1540 per proteggere la Gran Bretagna dall’invasione della Francia. Appunto, nel romanzo di Jonathan Swift la guerra tra Lilliput e Blefuscu era caricatura della belligeranza tra Inghilterra e Francia.
In Piccole guerre, medesima la scala di riferimento del romanzo di Swift: giganteschi gli adulti rispetto ai minuscoli soldatini di stagno. Ravvisiamo un’ulteriore corrispondenza nella scelta di Wells di dare l’avvio al gioco proprio nel villaggio di Sandgate. La realizzazione di Sandgate Castle risale alla metà del XVI secolo, periodo nel quale la metallurgia fece quegli enormi progressi che rivoluzionarono radicalmente il mondo: i caratteri mobili per la stampa e il cannone da guerra. È grazie ai cannoni di Alfonso I d’Este, soprannominato il “Duca artigliere”, che l’invincibile Repubblica di Venezia fu sorprendentemente quanto duramente sconfitta a Polesella sul Po nel dicembre 1509. Perfino la discesa dei Lanzichenecchi tedeschi fino a Roma nel 1527 fu favorita dai cannoni donati dal “Duca artigliere” alle truppe del comandante Georg von Frundsberg. «La nascita di Piccole guerre, come sono oggi, fu resa possibile – esordisce Wells nel secondo capitolo – dall’invenzione del cannone a retrocarica a molla. Questo prezioso dono alla gioventù apparve verso la fine del secolo scorso: si tratta di un’arma capace di colpire nove volte su dieci un soldatino da una distanza di nove yard. Ha soppiantato tutte le armi a molla di genere diverso usate in precedenza nelle guerre fatte in casa. Cannoni a retrocarica a molla esistono in varie forme e dimensioni, il tipo usato nel nostro gioco è noto in Inghilterra come pezzo da quattro e sette».
Dopo aver tracciato una piccola storia del gioco Piccole guerre, Wells descrive le varie fasi di perfezionamento del gioco che, fin dal momento iniziale, trascinò inesorabilmente e senza sosta i due adulti nel costruire ambientazioni, definire ruoli, funzioni, varianti di battaglie, redigere regolamenti sempre più stringenti. Assorbiti completamente dal gioco, i due amici coinvolsero altre persone, alcune di rango militare che, allo stesso modo, cedettero alla passione collaborando in varia misura. Varie evoluzioni sono raffigurate graficamente da amabili disegni colorati dell’autore.
Il linguaggio colloquiale e domestico è una velatura alla sostanza culturale del libro. Permette una lettura superficiale, quasi manualistica, financo ingenua nella dichiarata volontà di sostituirsi alle guerre autentiche, come sublimazione delle stesse. Scrive Wells: «Il mio gioco è buono [valido] quanto il loro [monarchi spacconi, sciocchi allarmisti, eccitabili “patrioti”, avventurieri e i fautori della Weltpolitik] e più assennato per via della misura. Questa è la guerra, ridotta a proporzioni ragionevoli e spinta fuori dal cammino dell’umanità, come quando i nostri progenitori trasformarono i sacrifici umani nel mangiare piccole immagini e bocconi simbolici».
Al lettore accorto, però non sfuggiranno le corrispondenze colte che innervano il libro. Non sorvolerà il riferimento fuggevole al Monsieur Bloch nel secondo capitolo. Infatti, Marc Bloch fu uno storico del Medioevo che rifiutò la metodologia storica tradizionale, rivoluzionandola: fondò la metodologia moderna. Come il richiamo d’esempio a Orazio Coclite, l’eroe romano vissuto nel VI secolo a.C. Leggenda narra che fermò da solo gli etruschi sull’attraversamento di un ponte, mentre tentavano di raggiungere Roma. Per non dire dell’ironico riferimento a Laurence Sterne e al suo celebre capolavoro letterario, La vita e le opinioni di Tristam Shandy, gentiluomo. Chiunque l’abbia letto conosce quanto lo spirito dell’opposizione, dell’ostilità, della contesa, della resistenza, della rivalità, dell’ambizione, rifulga costantemente in tutto il romanzo, mordace quanto sottile.
Piccole guerre si rivela un libro puntuale e minuto, sapido e delizioso in ragione inoltre della pregiata manifattura con cui è realizzato.
Andrea Oddone Martin
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Herbert George Wells
Piccole guerre
Collana Il divano
Cura Sergio Valzania
Sellerio Editore Palermo 1990
Brossura fascicoli cuciti – illustrato
107 x 153 x 9 mm
120 gr
128 pp
9,90 €
ISBN 9788838906022