RECENSIONE: Jean Echenoz “Correre”
Corri, corri. Forza, Emil, corri. Più veloce, più veloce ancora, vola, divora la terra sotto i tuoi piedi alati, in quelle gambe c’è tutto il tuo riscatto. Corri Emil, sei fulmine, sei vento. Fila, sgambetta, galoppa. Tu sei carne e vento, i tuoi piedi argilla alata, il tuo respiro stantuffo. Locomotiva umana ti chiamano e ti guardano stupiti dagli spalti, i loro occhi increduli divorano la tua corsa impossibile. Non c’è più nulla attorno a te, solo il ronzio dell’aria che fendi. Nelle tue orecchie c’è solo il tuo respiro. La folla in silenzio. Non un moto, granito in attesa. E tu, corri…
Ma il suo stile è impuro, dicono. Fa tutto quello che non si deve fare nella corsa, dicono. È scomposto, ciondola, ballonzola e traballa da destra a sinistra, dicono. Ma Emil Zàtopek vince. Vince perché ha appena inventato lo sprint finale. Mentre gli altri podisti distribuiscono lo sforzo su tutta la gara lui sa che conservare la velocità per l’ultimo rettilineo è essenziale. E quando i giochi sembrano ormai fatti, Emil sfreccia e taglia il traguardo lasciando tutti sbigottiti. Il suo volto è straziato, contratto, stravolto, un groviglio di sofferenza; è esausto. I lineamenti sono alterati, la lingua di fuori «come avesse uno scorpione in ogni scarpa». Ha vinto! La folla esulta, non hanno mai visto quel balzo finale ma lui si è allenato anche sulle brevi distanze e sa come fare.
Lo scrittore francese Jean Echenoz, ricostruisce aspetti della straordinaria esistenza di Emil Zàtopek in Correre (edizioni Adelphi). (Altre esistenze incredibili sono state tracciate da Jean Echenoz, quella di Nikola Tesla, inventore geniale visionario, scienziato e mago in Lampi e quella del musicista francesce in Ravel).
Echenoz ricostruisce l’esistenza mitica ma difficile del corridore ceco, una vita fatta di povertà e privazioni, di lavori pesanti, massacranti in luoghi insani. Lavori malpagati. È una persona mite e gentile. Emil odia lo sport, detesta gareggiare e si sottrae quando può a questa tortura. Evita ogni agonismo, finge di stare male se gli propongono una corsa. Suo padre gli ha trasmesso la convinzione che lo sport sia soltanto una perdita di tempo; correre, in particolare, fa consumare le scarpe e soldi non ce ne sono per comprarne di nuove. Per questo il giovane va a lavorare nella fabbrica di scarpe Bata. Lì incontrerà il suo destino che lo porterà, suo malgrado, a correre per la prima volta: tra le iniziative dell’azienda ci sono la fondazione di una squadra di calcio e l’annuale corsa agonistica, chiamata il Percorso di Zlín.
Ma il nazionalsocialismo è in agguato e con l’arrivo dei tedeschi la propaganda impera e con essa le manifestazioni sportive per celebrare la gioventù che si esibisce con orgoglio in giochi collettivi, corsa e atletica. La prima vera corsa di Emil lo vedrà competere contro i tedeschi. La Wehrmacht a Brno mette a punto una gara di nove chilometri. Da una parte «una formazione tedesca atletica, slanciata, arrogante, dall’equipaggiamento inappuntabile, tutti uguali nel genere Übermensch», scrive Echenoz. Dall’altra un disastroso ammasso di cechi, cenciosi contadinotti, dalla barba lunga e i mutandoni. Lo stridore è palese e sgradevole. Ma con grande sorpresa e ira degli ariani tedeschi, Zàtopek arriva secondo. Viene notano da un allenatore ed Emil comincia a pensare che correre non sia poi tanto male. Fa bene, ammette tra sé e sé, concentrarsi nella corsa e allenarsi mentre i tedeschi deportano, massacrano, distruggono. Cos’altro potrebbe fare per sopportare quell’orrore? Ma ogni cosa ha una fine anche la guerra. Finalmente la Cecoslovacchia è tornata ai suoi confini.
La prima volta che il giovane esce dalla Cecoslovacchia è per andare ad Oslo dove, sorprendentemente, si troverà al nastro di partenza con i migliori atleti mondiali. C’è anche il grande Viljo Heino, il campione finlandese soprannominato «il prestigioso corridore delle foreste profonde», idolo di Emil.
Sarà poi la volta di Berlino e la gloria. Una vittoria che inizia con una grande umiliazione: «quando dietro il cartello Czechoslovakia compare un poveretto, solo e con addosso soltanto i calzoncini e la giacca di una tuta sbiadita, l’intero stadio si scompiscia dalle risate». Nessuno crede che quell’ometto ridicolo possa anche solo partecipare alla corsa, figuriamoci vincerla. Eppure sarà un trionfo. E poi Helsinki dove ai Giochi Olimpici del 1952, vince ben tre medaglie d’oro: per i cinquemila metri, i diecimila metri e la Maratona.
Lo stile di Emil non è proprio quel che si dice uno stile, non conosce regole né canoni, o eleganza «si direbbe che scavi e si incavi, come in trance o come uno sterratore», scrive Echenoz «in corsa dà l’idea di un pugile che combatte contro la sua ombra, sicché tutto il suo corpo sembra un meccanismo scassato, sfasciato, sofferente». Ma Zàtopek aggrava la sua stranezza nell’uso che fa delle braccia, non le usa per dare slancio alla corsa e alleggerire le gambe. Lui fa il contrario, tiene i pugni serrati e le braccia si prodigano in traiettorie a dir poco bizzarre, le spalle oscillano, i gomiti sono esageratamente sollevati. Eppure vince, vince. I suoi allenamenti sono durissimi al limite del sopportabile, ma non si risparmia neppure quando gli altri corridori si concedono il riposo. Per il suo talento però viene spesso esibito soltanto per il gusto di metterlo in scena. E questo a lui proprio non piace. A 30 anni comincia ad essere stanco e giù di forma.
Le prime gare di Zàtopek si svolgono sotto l’occupazione nazista ed Emil attraverserà molta Storia. Vedrà la Guerra Fredda, la morte di Stalin, poi l’arrivo di Dubček, le sue riforme, i cambiamenti che Zàtopek condividerà e approverà. E poi l’arrivo dei carri armati sovietici. Zàtopek è tra la folla per manifestare contro l’occupazione ma la Primavera di Praga gli sarà fatale. Aveva anche firmato il famoso Manifesto delle Duemila Parole: viene espulso dall’esercito e dal Partito Comunista Cecoslovacco.
Viene mandato nelle miniere di uranio nel Nord Ovest del Paese verso la frontiera tedesca a Jàchymov. Vivrà in un magazzino. Lì non ci sono sistemi di protezione d’alcun tipo e le polveri radioattive contaminano tutto e tutti. Sei lunghi anni di lavoro terribile e di contaminazione. Quando viene richiamato nella capitale decidono di umiliarlo facendolo lavorare come spazzino per le vie di Praga. Ma è un errore perché non sarà una punizione. Per strada, dalle finestre, la gente lo riconosce, applaude, lo aiuta nel suo lavoro di spazzino. E mentre i suoi colleghi raccolgono la sua spazzatura, lui si esibisce in brevi corse dietro i cassonetti e i camion, di nuovo alla ribalta. E allora bisogna escogitare un luogo più nascosto. Lo mandano in campagna; scaverà dei buchi nel terreno per piantarci pali del telegrafo. Non basta. Zàtopek è un tipo pericoloso, la gente lo ama, è un campione. Deve abiurare, deve firmare una confessione preparata parola per parola dal Partito, deve firmare un’autocritica, un’autocondanna completa, totale. Ed Emil firma; finalmente è libero. Lo metteranno a lavorare nei sotterranei del Centro documentazione dello sport. Il destino sa sempre come farsi beffe di qualcuno.
Ispirato alla vita del corridore esce, nel 2021, il film Zàtopek di David Ondříček (che già in precedenza aveva girato un documentario su di lui), una co-produzione tra Repubblica Ceca, Germania, Finlandia.
Patrizia Parnisari
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Jean Echenoz
Correre
Collana Fabula
Traduzione Giorgio Pinotti
Adelphi Edizioni, Milano 2009
Brossura fascicoli cuciti
140 x 218 x 11 mm
148 pp
230 gr
15,00 €
ISBN 9788845924330