RECENSIONE: Lietta Manganelli “Giorgio Manganelli. Aspettando che l’inferno cominci a funzionare”
Accade sempre nei Miti. Anzi, è la regola. Le genesi, le manifestazioni delle divinità prendono forme, modalità, disposizioni, geografie, situazioni non sovrapponibili, non certificanti, non probanti. Eppure, allo stesso tempo denunciano realmente la feroce creatività di un’energia in atto e, col pagamento di una tassa d’impegno, ne permettono l’individuazione.
Che Giorgio Manganelli sia da tempo parte indiscutibile della mitologia è un dato di fatto acclarato, ormai. Tuttavia, un insieme vario di condizioni altrettanto polimorfe ne ha consentito una figurazione elitariamente popolare. Ecco, subito incorriamo nella figura retorica, nel marchio grammaticale identificativo attribuito dai più alla produzione letteraria, concettuale e perfino alla personalità, di Giorgio Manganelli: l’ossimoro.
È vero, la letteratura di Manganelli divide e non lascia indifferenti. È come, in cucina, il fegato: lo ami spassionatamente oppure recisamente lo detesti. Idolatrie e disprezzi si alternano costantemente, scontrandosi con l’integrità poliedrica (ecco, di nuovo) della sua personalità letteraria e soggettiva. Perciò, la figura unica di Manganelli ha indotto una produzione biografica consistente. Alla quale oggi si aggiunge, contributo atteso e autorevolmente qualificato, il libro di Lietta Manganelli intitolato Giorgio Manganelli. Aspettando che l’inferno cominci a funzionare (La nave di Teseo).
In queste pagine, frutto di un’indefessa ricerca d’archivio oltre che della contiguità famigliare, corroborate da una serie di significative fotografie, Lietta racconta, spesso testimone presente, la storia di Giorgio Manganelli, delle sue origini famigliari emiliane, delle vicende che lo hanno visto coinvolto (da protagonista) durante la guerra, delle dure scelte che ne hanno costellato l’esistenza, del matrimonio, dell’importanza del dialogo psicanalitico, dell’opera letteraria (soprattutto Hilarotragoedia, Centuria e i dossier di viaggio). Ma anche degli aneddoti, delle amicizie, dell’importanza dell’amore e della morte, nella vita come nell’opera di suo padre. E infine, del rapporto con lei, sua figlia.
Ricucito dopo anni di separazione, il vincolo famigliare viene coltivato con impegno, passione e amore da entrambi fino e oltre la scomparsa terrena del “Manga”. Solo terrena, in quanto la sua presenza non ha avuto interruzioni, come conferma Lietta. Una permanenza concreta, riscontrabile, assidua e ricorrente. Giorgio Manganelli è vivo ed opera perpetuamente, dalla sua residenza cittadina nell’Ipernéfelo, dal consesso mitologico a cui è a buon diritto assurto ben prima della sua umana dipartita.
In una delle prime pagine, Lietta cita un aforisma del padre: «Il vero detto come falso, il falso detto come vero, il vero detto come vero, il falso detto come falso». Dopo molte pagine, verso la fine della seconda delle tre parti in cui il testo è suddiviso, la medesima citazione viene ripresa ma la forma non è la stessa! Difatti, qui si legge: «Il falso detto come vero, il falso detto come falso, il vero detto come falso, il vero detto come vero».
Un irresistibile invito all’elaborazione combinatoria, filologica, semantica, logica. Eccolo, la zampata del Manga …
Andrea Oddone Martin
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Lietta Manganelli
Giorgio Manganelli. Aspettando che l’inferno cominci a funzionare
Collana i Delfini
La nave di Teseo Milano 2022
Brossura fresata pagine incollate, con fotografie su carta patinata
130 x 197 x 15 mm
198 pp
200 gr
18,00 €
ISBN 9788834612484