RECENSIONE: Martin Suter, 3 libri per Johann Friedrick von Allmen

RECENSIONE: Martin Suter, 3 libri per Johann Friedrick von Allmen

Si chiama Johann Friedrich von Allmen il protagonista di una serie di romanzi gialli, una moderna saga in terra di Svizzera, dello scrittore elvetico Martin Suter. L’editore Sellerio ne ha finora pubblicato tre, iniziando dal titolo Allmen e le libellule. Fin dall’inizio, il protagonista viene delineato sia nei tratti del presente narrativo sia nella genealogia dello stesso e dobbiamo dire che la qualità del presente di Von Allmen si rivela molto più interessante del suo albero genealogico. Fin da subito impariamo a conoscerne i tratti essenziali, che qualificheranno i suoi atteggiamenti successivi dove, pur mutando le situazioni e le ambientazioni, manterranno una caratteristica immutabilità identitaria.

Si tratta di un uomo che ha deciso la propria linea di condotta, il proprio stile, il proprio status sociale, radicandosi in un aristocratico atteggiamento elitario. Scopriamo inoltre la sua attitudine per le lingue, la musica, ma soprattutto per la lettura, di tutti i generi: quotidiani, libri, manifesti, etc. L’attrazione che la pagina scritta esercita su Allmen è al limite della maniacalità. I primi tre libri sono consequenziali: Allmen e le libellule si pone all’inizio, poi segue Allmen e il diamante rosa e infine, per ora, Allmen e le dalie. Quest’ultimo volume si conclude con un’apertura alla continuazione di una vicissitudine in corso, prelude quindi a un sicuro seguito che auspichiamo in una prossima traduzione italiana. Le vicende narrate lungo queste prime tre opere sono trattate alla stregua di una sceneggiatura per lo schermo; le ambientazioni restano prevalentemente costanti, tranne nei casi delle trasferte di Von Allmen che spesso, comunque, si somigliano.

La scrittura rimane avvincente nei collaudati dispositivi del plot, l’autore dosa con perizia televisiva le scene, calcolando con misura i sorprendenti imprevisti e gli accadimenti della trama. Martin Suter si aggira stilisticamente in densità d’atmosfera che vorrebbero probabilmente traguardare il Simenon di Maigret, soprattutto nelle energie latenti sottintese ai dialoghi; ma potremo anche supporre che i riferimenti stilistici siano confessati tra le righe dei racconti, ad esempio dove incontriamo anche William Somerset Maugham. La traduzione italiana saltuariamente si sofferma in una letteralità diretta, a discapito della percezione di senso delle frasi in oggetto. Ciò non preclude la fluidità della narrazione, stimolante anche nella gestione delle cesure e riprese temporali all’avvicendarsi dei capitoli e nel susseguirsi delle immagini descritte. Frequenti i luoghi d’ospitalità e di residenza, contraddistinti immancabilmente da una cortesia d’altri tempi, avulsa dai condizionamenti sociali digitali e dai vuoti esibizionismi di oggi; luoghi e persone che intendono l’accoglienza, la qualità delle vivande, delle dimore, degli abiti, dei vini, dei cocktail e dei riti connessi al loro profilo di dignità, di manifestazione e conferma di civiltà.

Ma la qualità maggiore di questa serie, a nostro avviso, risiede nella costruzione letteraria delle figure protagoniste. Abbiamo già anticipato che Von Allmen, nella pratica quotidiana, si colloca in un elitarismo snobistico che lo potrebbe avvicinare alla leggendaria figura creata nei primi anni del Novecento da Maurice Leblanc: Arsenio Lupin, il ladro gentiluomo. Così potrebbe apparire considerando esteriormente il personaggio ma, escludendo il dandysmo patologico, non ci può sfuggire l’analogia ben più consistente col ben più antico e celebre hidalgo letterario: Alonso Quijano, al secolo Don Quijote de la Mancha di Miguel de Cervantes. È ora evidente l’analogo (e autentico) spirito cavalleresco, l’ingenuità e la totale mancanza di spirito pratico a cui provvede l’onnipresente doppio di Von Allmen, il domestico Carlos (Sancho Panza) con il quale peraltro, date le origini del servitore, si esprime incedendo nello spagnolo. L’amore per i libri e la totale avversione alla violenza, il più delle volte subita e mai ricambiata. I tratti aristocratici, eleganti, votati alla bellezza, all’arte e alla musica, raffinati nei modi cortesi, discreti e a volte galanti, mirano al decoro di una nobiltà oggi desueta, contrapponendosi manifestamente alla brutalità, alla meschinità, alla volgarità, all’avidità, alla mediocrità, alla crudele pochezza degli antagonisti di Von Allmen. I più appartenenti ad una ricchissima borghesia finanziaria, o personaggi che passivamente corrispondono agli stereotipi imposti dalla “modernità” (come il nerd in Allmen e il diamante rosa). Sono personaggi grotteschi, psicologicamente deviati da famiglie disfunzionali, da patrimoni giganteschi, da ipertrofie viziose e descritti da Suter in tutta la loro deformità mostruosa. Esattamente l’opposto della virtù perseguita aristocraticamente da Johann Friedrich von Allmen e dal suo fido scudiero Carlos, nelle coinvolgenti e picaresche avventure di questi primi tre ammalianti episodi.

Andrea Oddone Martin

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Martin Suter, Allmen e le libellule, traduzione di Emanuela Cervini, collana La memoria, Sellerio Palermo 2017, IV edizione, brossura fascicoli cuciti, ISBN 9788838925795, 120x167x13 mm, 209 pp, 200 gr, € 13,00

Martin Suter, Allmen e il diamante rosa, traduzione di Emanuela Cervini, collana La memoria, Sellerio Palermo 2012, prima edizione, brossura fascicoli cuciti, ISBN 9788838927065, 117x168x14 mm, 227 pp, 215 gr, € 13,00

Martin Suter, Allmen e le dalie, traduzione di Emanuela Cervini, collana La memoria, Sellerio Palermo 2015, II edizione, brossura fascicoli cuciti, ISBN 9788838932588, 118x166x13 mm, 217 pp, 210 gr, € 13,00