RECENSIONE: Sebastian Haffner “Un tedesco contro Hitler”

RECENSIONE: Sebastian Haffner “Un tedesco contro Hitler”

Raimund Pretzel, giornalista e divulgatore storico tedesco vissuto tra il 1907 e il 1999, per le memorie dedicate agli anni che in Germania, e particolarmente a Berlino, prepararono e inaugurarono lo stato nazista, scelse lo pseudonimo di Sebastian Haffner. Una dichiarazione di parte opposta all’avanzare dell’oscurantismo violento, rozzo ed ignorante: Sebastian da Johann Sebastian Bach e Haffner dalla sinfonia n. 35 in D maj K. 385 di Wolfgang Amadeus Mozart commissionata al tempo dalla famiglia Haffner di Salisburgo. Ma anche clausola di sicurezza per la propria famiglia berlinese, nel caso il manoscritto fosse finito in mani sbagliate. Infatti, la stesura definitiva risale al 1938, l’anno in cui Pretzel emigrò in Inghilterra e in Italia furono promulgate le leggi razziali.

In origine intitolato concisamente Geschichte eines Deutschen (Storia di un tedesco), questo testo fu rinvenuto dopo la scomparsa dell’autore. Pubblicato nel 2000, ebbe uno straordinario successo per l’originale qualità di testimonianza, di cronaca interna.

Conservatore liberale, cresciuto in una famiglia di funzionari prussiani devoti allo stato, praticante al tribunale di Berlino e in attesa di diventare giudice a tutti gli effetti, questo il profilo professionale del giovane Pretzel al tempo in cui si concentrano le memorie: il 1933 di Berlino, l’anno in cui iniziò la persecuzione nazista. Un fenomeno che prese l’avvio ben prima del fatidico 1933: Pretzel riporta a mo’ di prologo una serie di fatti considerati in continuità con ciò che avvenne successivamente, una gestazione che prese l’avvio nel 1914.

Nella massa delle persone, durante questo lasso di tempo si ebbero alcune polarizzazioni estremamente accentuate, dotate di una forza esplosiva. Con acume osservativo, l’autore nota: «L’anima della massa e l’anima infantile sono molto simili nella loro reazione. Non si pensa mai abbastanza a quanto siano infantili i concetti che nutrono e scuotono le masse. Generalmente, per diventare forze storiche in grado di smuovere i popoli, le idee devono prima essere semplificate a livello della capacità intellettiva di un bambino».

Il periodo compreso tra le due guerre fu l’officina che permise al nazismo di perfezionare, di mettere a punto un meccanismo coercitivo sofisticatissimo, il quale rese possibile l’attuazione di una situazione politica ma soprattutto sociale inedita: «Fra terribili minacce, questo stato pretende che il privato cittadino abbandoni i suoi amici, lasci le sue ragazze, rinunci alle proprie idee, saluti in modo diverso da come è abituato, mangi e beva cose diverse da quelle che gli piacciono, impieghi il tempo libero in occupazioni che detesta, rinneghi il proprio passato e il proprio Io e, cosa fondamentale, mostri costantemente nei riguardi di tutto questo il massimo entusiasmo e la massima riconoscenza». Nello stile espositivo di Pretzel, i confronti diventano vivi e diretti: «1890: Guglielmo II licenzia Bismarck. Certo una data importante, scritta in neretto nella storia tedesca. Eppure difficilmente significativa per la biografia di un tedesco qualunque, prescindendo dalla piccola cerchia degli interessati. Ogni esistenza andò avanti come prima. Nessuna famiglia venne smembrata, nessuna amicizia si ruppe, nessuno lasciò la sua Patria, nulla del genere. Neppure un appuntamento o una rappresentazione teatrale vennero cancellati. E adesso si faccia il confronto con la data 1933: Hindenburg dà l’incarico a Hitler. Comincia un terremoto per 66.ooo.ooo di vite umane!».

Pretzel riconobbe con evidenza l’efficacia della metodologia nazista nel penetrare mentalmente ciascun individuo durante un inaspettato corso di preparazione che fu costretto a frequentare prima di dare il conclusivo esame di stato. È in quel contesto di poche settimane, in un clima per nulla violento, che l’autore osservò gli effetti del cameratismo e della privazione di qualsiasi riferimento culturale che non sia abilmente orientato. In quei frangenti, Pretzel rilevò con perspicacia ed attenzione le inclinazioni personali che si manifestarono in un ambiente omogeneo e strutturato.

In questo libro, determinato principalmente da motivazioni autobiografiche, di cronaca ma soprattutto di testimonianza diretta, forte di un’aneddotica ricca di dettagli, ampia e vissuta da una persona comune, ritroviamo puntualmente ciò che, in tempi più recenti, sarà certificato dalla scienza. Ci riferiamo al noto esperimento carcerario di Stanford condotto dal professor Philip Zimbardo e dalla sua equipe nel 1971, puntualmente descritto in L’effetto Lucifero. Cattivi si diventa? di Philip Zimbardo (Raffaello Cortina, traduzione Margherita Botto); come al più recente Paranoia. La follia che fa la storia dello psicanalista Luigi Zoja (Bollati Boringhieri), testo la cui lettura parallela a Un tedesco contro Hitler di Sebastian Haffner troviamo particolarmente indicata.

Andrea Oddone Martin

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Sebastian Haffner

Un tedesco contro Hitler

Collana StorieSkira

Traduzione Claudio Groff

Prefazione Sergio Romano

Skira editore Ginevra-Milano 2016

Brossura fascicoli cuciti

141 x 210 x 20 mm

275 gr

253 pp

19,00 €

ISBN 9788857233369