RECENSIONE: Selma Lagerlöf “Il violino del pazzo”

RECENSIONE: Selma Lagerlöf “Il violino del pazzo”

«Era una bella giornata d’autunno verso la fine degli anni Trenta. A quell’epoca c’era a Uppsala una casa alta e gialla, di due piani, stranamente isolata in mezzo a un piccolo prato, ai margini della città». L’incipit de Il violino del pazzo è conforme all’esordio tradizionale di una fiaba. La scrittrice svedese nacque nel 1858 e visse nell’abitato di Sunne, nel Värmland; l’intera sua letteratura è intrisa delle atmosfere arcadiche e naturali delle foreste, dei laghi, delle magioni, dei villaggi e della temporalità idilliaca della regione scandinava, della quale si fece interprete lirica e folklorica.

Ne Il violino del pazzo, la prosa della Lagerlöf conduce con naturalezza la vicenda di Gunnar Hede, erede della tenuta di Munkhyttan in Dalecarlia. Gunnar Hede abita la casa di Uppsala e conduce la vita spensierata dello studente svogliato, distratto da una potente passione per il suo violino. Per lui, la musica è come l’aria che respira. Quando Hede, cedendo al mellifluo intento di Gustaf Ålin, figlio di un bracciante della famiglia Gunnar e cresciuto insieme a lui, decide di cambiar vita per aiutare la famiglia che, a detta di Ålin si dibatteva in ristrettezze, lascia il violino e la sua vita da studente per avventurarsi in una serie di precari commerci erranti, anche se di qualche successo. Quando uno dei suoi progetti di investimento fallisce drammaticamente, il sensibile Hede perde il senno. Con lo scorrere del tempo, solo la determinazione a prestare attenzione alla propria intima coscienza fra mille difficoltà permetterà a Ingrid, la bambina che ascoltò la musica di Hede, di riconoscerne l’autenticità, salvandolo e risolvendo una situazione rovinosa.

Come da tradizione, le fiabe rendono manifesta, rendendola intelligibile, la complessità umana; un’attività narrativa di chiari intenti pedagogici, non sempre rivolti esclusivamente all’infanzia, come in questo caso. La fiaba alimenta un immaginario fantastico e simbolico, straordinario e metaforico; gli elementi, le situazioni e i personaggi sono contemporaneamente comuni e fenomenali, rimangono quel che sono e rimandano costantemente ad altro.

Singolare la coincidenza tra la nascita e la dipartita di Selma Lagerlöf, che morì nel 1940, e la vita del professor Sigmund Freud (1856-1939). Ne Il violino del pazzo l’espressione, l’energia e l’individuazione dell’inconscio collettivo ed individuale emergono vigorosamente dalla narrazione. Ne è esempio l’emarginazione collettiva ai danni della sofferenza di Hede, manifestata attraverso le burle dei paesani, mentre tentano di evitare il contagio del tabù, dell’incompresa eccezione dalla norma incarnata dallo sventurato Hede. Le contraddittorie prese di posizione della madre adottiva di Ingrid, combattuta tra pensiero conformista e humanitas. Oppure il profilo diabolico di Madama Cordoglio che condiziona la mente dell’infelice madre di Hede e la costringe, in un continuum temporale progressivo e corrosivo, al dolore della privazione della gioia mirato alla morte. Si suppone emissario, l’ignavo Gustaf Ålin, lo “Jago” di turno, della ragnatela subdola e infernale di Madama Cordoglio.

Nella sceneggiatura complessiva de Il violino del pazzo, in cui il dettato risulta dall’insieme di senso, tono, sentimenti e intenzioni, ogni cosa e ogni personaggio, compreso il paesaggio naturale, si carica vivacemente di valore simbolico e riporta la varietas fisiologica di un’umanità sociale. È negli edifici e nelle case che analogicamente rileviamo la dimensione generativa, materna, protettiva e allo stesso tempo nociva. La gioia accogliente e la larghezza di vedute sono invece della compagnia variegata e sensibile di artisti nomadi, non stanziali.

Un romanzo suggestivo e saggio, ad alto gradiente emotivo, dai ritmi narrativi scostanti e bruschi come si conviene alle migliori fiabe. Le storie che si intrecciano alacremente ne Il violino del pazzo della Lagerlöf ci insegnano cosa accadrebbe nel momento in cui, passivamente irretiti, non prestassimo ascolto fiducioso alla nostra vocazione profonda, perdendo così la capacità di discernere.

Andrea Oddone Martin

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Selma Lagerlöf

Il violino del pazzo

Collana Gli Iperborei

Traduzione Andrea Berardini

Iperborea Milano 2023

Brossura fascicoli cuciti

110 x 199 x 12 mm

135 gr

143 pp

17,00 €

ISBN 9788870916669