Scriptorium

Cosa significa pensare i libri a Venezia?

L’editoria è il mulino del pensiero.
Venezia è il vento, il motore del mulino.
Si può trasformare il grano in farina,
e si può fare il pane: i libri.

A Venezia si arriva e si parte, l’acqua è il medium obbligato di questi arrivi e di queste partenze.

Venezia, luogo sospeso nel tempo e nel cielo, per la persona che non è troppo “distratta” si rivela interposto insulare di purificazione, di rinvenimento che pare scoperta.
È a Venezia che vive, si incarna, si concreta la sfida costante ad una consueta interpretazione di progresso, e soprattutto agli usi e abusi ad essa conseguenti. Una sfida intelligente, ostinata, frastagliata in prospettive che rifuggono l’omologazione, il pensiero dimentico dell’uomo. Un’ostinazione testardamente radicata nella medievale rete sanguigna delle calli e dei campi, nella imponente testimonianza monumentale, cesellata di bellezza onnipresente, nell’umanità operosa e multietnica, nell’equilibrio tra astrazione storico-civile e mistero naturale.

La natura, a Venezia così pervasiva e invadente, di aperture luminose d’orizzonti e cieli scoscesi, nella bellezza come nella tragedia capace di sollecitare attenzione verso la profonda verità primigenia: le acque alte, bagni battesimali, meditazioni di trapassi e aldilà. È un fatto, tra il XIX e il XX secolo la migliore intelligenza europea spinta dall’irresistibile nostos ritrovava a Venezia l’incanto, l’atmosfera sospesa ritmata dalla bellezza intensa, a tratti inaspettata e struggente, necessaria: Lord George G. Byron, William Turner, Alfred de Musset, George Sand, Richard Wagner, Gabriele d’Annunzio, Thomas Mann, Marcel Proust, …

Quando è avvolta nella nebbia, Venezia ostenta una dimensione ovattata, silenziosa alla stregua di una landa alpina innevata, dove lente emersioni dal nulla, pacate figure di battelli sull’acqua viva, figure di uomini sulle fondamenta prospicienti, si muovono mentre figurano l’uomo e il proprio destino.

Tra nebbia e acqua, una luminescente soluzione di continuità solleva il pensiero, sospinge la riflessione dal magico confine tra instabilità e rarefazione.

Il concreto, il materiale, il solido appare artificio posticcio a Venezia: per niente convincente, incessantemente bisognoso di cure atte a diluire l’inesorabile e incipiente decomposizione. Esso viene gradualmente soppiantato dalla prevalenza meditativa, dimensione mentale mutevole, silenziosa e soprattutto assorta: il pensiero trova in questo luogo straordinario l’elezione ideale. Spesso può riuscire, grazie al privilegio concesso da codesto sito, ad esprimersi in latenze, approfondimenti, posizioni, obliquità inedite, ponderate e veramente creative.

Privilegio imposto da Venezia, al quale non rimane che piegarsi, assecondando la sua ostinata resistenza ai ritmi forsennati, all’ubiquità isterica del “multi-tasking” esistenziale dell’illusorio mondo digitale, alle induzioni d’obbligo apparente, ma onnipresente. Cosa significa pensare i libri a Venezia?